Tutti i giorni a mani vuote
Sono tre giorni che esco per comprarmi dell’abbigliamento e sono tre giorni che torno a casa a mani vuote. Cerco delle scarpe, ma vorrei anche una bella camicia e un paio di pantaloni che non siano noiosi come dei semplici jeans. Giro per negozi del centro ed evito per questioni ovvie, le boutique di marca, proibitive per le mie finanze.
Mi lascio andare a qualche veloce visita in Corso Roma, sperando nell’affare, ma in mezzo a capi d’abbigliamento che se tocchi ne capisci la qualità, la mia visita è sempre molto breve.
Ma non c’è nulla neppure negli altri negozi. Scappo dalle vie principali e mi butto nelle vie secondarie, ma non trovo niente. La misura, il costo, il colore, c’è sempre qualcosa che non va bene. Meno male che è il fine settimana dedicato alla FAI e così, tra un negozio e un altro, mi infilo in una visita organizzata da loro e finisco per oltrepassare un portone di un cortile che non pensavo nascondesse qualcosa.
Devo confessare che passeggiando per le vie di Alessandria a vedere queste strutture aperte, mi sono accorto della mia devoluzione culturale. Non sapevo nulla, per esempio, del Broletto giusto dietro Piazza della Libertà. Eppure, ci ho vissuto tanto tempo ad Alessandria. Forse altri tempi ed ero sicuramente impegnato diversamente, ma mi sono sentito alquanto stupido nel sentire dei bambini (le fantastiche mini guide della FAI) che mi spiegavano cose storiche di cui ero completamente all’oscuro.
Sono stanco a fine giornata e per fortuna Alessandria offre dei bar splendidi, dove puoi rilassarti e organizzare dove potrei andare nelle ore successive. Le scarpe mi servono proprio, già non erano in buono stato, ma camminando così tanto si stanno veramente distruggendo. Non compro scarpe dal dicembre 2019 (!), sono più di tre anni, ma come tutti quanti, per un periodo non mi sono servite, ma ora si stanno deteriorando a furia di camminare a cercare… scarpe.
C’è una rinascita della moda di seconda mano e devo dire che questi giorni ho capito perché. Forse è come per i dischi in vinile, sono esplosi nuovamente perché la gente vuole sentire la musica fatta bene, quella che usciva in vinile e non questa moderna che sembra tutta uguale (ad ogni modo non è vero, sto solo esagerando, se volete vi faccio un elenco di musica di alta qualità, ma mi serve questa lamentela giusto per tenere il filo del racconto, scusate…).
I negozi che trattano il Vintage sono letteralmente esplosi e queste tendenze sono state strappate fuori dalla loro rispettiva oscurità, viaggiando nel tempo a velocità di curvatura negli armadi di adolescenti e giovani adulti in tutto il mondo, perché i negozi di moda tradizionali sono noiosi, orrendi e tutti uguali.
Mi sono convinto oramai che i vestiti vintage siano semplicemente migliori. Lo sono per qualità e design e c’è da chiedersi che cosa è successo alla moda negli ultimi 25 anni?
Voglio un cappello Borsalino, ne sento il bisogno mentre mi gusto il caffè al mio bar preferito giusto a due passi dal palazzo comunale. Voglio sentirmi Humphrey Bogart e far finta che sia a Casablanca. Forse se tutti indossassimo un Borsalino potremmo trasformare Alessandria in Casablanca, oppure in qualche quartiere parigino degli anni trenta e giocare a scacchi nei bar come faceva lui, anziché stare chini a controllare di continuo il telefonino. Ho deciso, trascorrerò i pomeriggi di questa settimana, in terapia intensiva in negozi dedicati al vintage.
Sarò parsimonioso e trascorrerò il tempo ispezionando pantaloni a cavallo lungo e zampa d’elefante, mi dedicherò a quella serie di rivenditori vintage che sono diventati professionisti nella moda e che io non mi ero accorto. Ieri sono passato in un luogo, dove sotto una tenda angusta piena fino all’orlo di abiti da slitta sospesi e giacche da motociclista sbiadite, due splendide donne scansionavano una fila di magliette e jeans per bambini che probabilmente avevano la mia età.
Non le donne, intendo le magliette, giusto per la precisione, loro era decisamente molto più giovani di me, un po’ come tutti coloro che incontro per strada, in tutta onestà. Ed è forse per questo che sono diventato un brontolone, che stia diventando una copia di mio padre anche se mi ero ripromesso che mai lo sarei diventato? Quando ero molto giovane, ero un fanatico delle canzoni degli Who e ci credevo alla loro frase “Spero di morire prima di diventare vecchio” su “My Generation”. Sono diventato vecchio e mi sono adattato, come loro.
Sono certo che tutte queste filippiche siano solo dei mal di pancia dovuti all’età che avanza, perché come mi hanno lasciato a bocca aperta in monumenti che ho visitato, se oggi mi faccio un giro nelle vie secondarie della città, sono certo che trovo bei negozi, con bella gente che ti aiuta a scegliere e farti sentire meno l’idiota che sento d’essere con tutto questo piangermi addosso sul passato.
Alla fine, ci facciamo mille domande e mille analisi con noi stessi, ma poi mi basta guardare il cane russare steso nel tappeto di casa, con la pancia piena di cibo e mi chiedo sempre come ha fatto a capire il senso della vita. Tutto questo nonostante lui non abbia mai letto una sola parola dei “classici” o ascoltato nulla di Bob Dylan o Debussy?
In questa tendenza vintage ho finito la domenica guardando un film in bianco e nero, un vero classico, si, di quelli proprio dove gli attori hanno cappelli fatti ad Alessandria, ma lui dorme profondamente e russa come un uomo stanco che ha appena finito un turno di dieci ore in miniera. Lo guardo e capisco che senza alcun dubbio lui ha capito tutto dalla vita, mentre io continuo a farmi troppe domande che non hanno risposte sensate.
Forse è arrivata l’ora di bagnare questo biscotto di mandorle in un bicchiere di Vin Santo e godermi il tramonto che splende oltre l’arco del ponte sul Tanaro, colorando di tinte rosse varie il grigio interiore della fine settimana appena passato, anche se è stato un fine settimana meraviglioso.