Il riscaldamento globale è così grave, e c’è chi ne ignora il pericolo…
Ricordo che la prima volta che ho sentito parlare di riscaldamento globale ero ancora sui banchi del Volta, dove guardavo quell’aereo nel giardino e sognavo di pilotarne uno simile. La televisione era ancora in bianco e nero. Avevo un insegnate differente, era uno “alternativo e progressista”, aveva studiato a Bologna e si capiva anche da come vestiva, da come parlava e di cosa parlava.
Ci mostrò le foto degli orsi polari che stavano goffamente su un terreno screpolato e fangoso per la mancanza di ghiaccio, poi passava alle mappe incentrate sullo strato di ozono (o sulla sua mancanza) e le lezioni portavano ad esporre il problema con i CFC. Avevo promesso a me stesso di non usare mai più nessuna bombolette spray di qualunque tipo e di non voler mai più sentire parlare d’aria condizionata.
In realtà a casa non avevamo questo lusso e alcuni anni dopo, quando comprai la mia prima auto, se avessi voluto fresco, avrei dovuto abbassare i finestrini e sperare che soffiasse il maestrale. Mi sono impegnato a riciclare tutto ciò che potevo e l’ambientalismo e le sue forme, erano la mia battaglia principale anche una volta che entrai in politica.
Al tempo, quando parlavi di questi argomenti, venivo visto come uno che non aveva molti problemi nella vita e che volessi solo essere originale e alternativo, e l’ambientalismo non era di certo l’argomento che ti permetteva di vincere nessuna elezione. Era un “contorno”, una cosa in più che solo i più giovani volevano inserire nei programmi di partito, ma agli altri, non interessava per nulla. Tutto questo avveniva negli anni ’80 e ’90, prima che questa realtà alternativa difficile da immaginare diventasse la nostra realtà, quella vera della vita di tutti i giorni.
Come la maggior parte delle persone, ho giurato di fare la mia parte per smettere di ferire il nostro pianeta ma, ad essere onesti, non pensavo che un giorno, avrei assistito in prima persona la dissolvenza del Pianeta. Crescevo portando avanti discorsi e battaglie perse, che disturbavano o che, al limite, venivano prese con un sorriso di circostanza. Solo che credo, a questo punto, anche i negazionisti più veementi stanno trovando difficile ignorare ciò che sta’ accadendo al nostro pianeta.
Acquazzoni torrenziali, inondazioni improvvise, incendi boschivi, temperature torride, raccolti tardivi, colture rovinate… e questo è solo quello a cui abbiamo assistito in Europa, che sotto l’aspetto climatico, ha un ruolo di privilegio sul resto del Pianeta.
Gli ultimi anni sono stati drammatici.
Ero in riva al Tanaro pochi giorni fa e sono certo che il livello dell’acqua sia inferiore a quella vista la scorsa estate, con la differenza che è ancora marzo. Molti si sono già dimenticati che negli ultimi due anni il mondo ha assistito alla sua prima carestia indotta dai cambiamenti climatici in Madagascar. L’America è stata fatta a pezzi da un uragano così potente che non ha nemmeno perso forza mentre viaggiava per centinaia di chilometri attraverso la terra.
Fiume Tanaro
Poi abbiamo visto siccità senza precedenti che hanno fatto evaporare intere sezioni di fiumi in Argentina. Ora si ipotizza che un bambino di un anno oggi sperimenterà eventi meteorologici 24 volte più estremi nella loro vita rispetto alle nostre generazioni. La mia paura è che con l’inverno che abbiamo appena passato, anche quella cifra dovrà essere rivista.
Stiamo vivendo in tempo reale quel futuro a cui non ci saremmo mai aspettati di assistere.
Le Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, vengono viste da molti come un momento critico per il futuro del nostro pianeta. Con l’impegno a livello internazionale che è essenziale per cambiare il futuro del mondo, e sappiamo che possiamo svolgere un ruolo nel chiedere e sostenere il cambiamento a livello istituzionale, politico e aziendale, e che possiamo facilmente fare qualcosa, anche piccola, per aiutare a guarire il nostro bellissimo pianeta.
Ma poi, finito tutto, ci dimentichiamo delle promesse. Non chiediamo “il conto” ai nostri governi su questi argomenti. Peggio. Ci infastidiamo contro coloro che protestano e questo non fa sperare bene per noi che vogliamo salvare il Pianeta. Bastano alcuni slogan banali per convincere molte persone che “il business personale è più importante del problema clima”, non realizzando che se non si interviene subito, anche il loro business personale sparisce, insieme a loro come persone, ai loro cari e tutto il resto.
La Pandemia ci ha insegnato che agendo tutti assieme, si può combattere un virus e forse agendo pesantemente, fermandoci magari un giorno alla settimana, possiamo prevenire il disastro globale. Ma onestamente, pensateci bene, se avessimo investito meglio precedentemente in ricerca, strutture ospedaliere e conseguentemente avessimo evitato 18 mesi di lockdown, non sarebbe stato meglio?
Allora perché aspettare che sia una sicura prossima catastrofe climatica a riportarci a un lockdown forse anche meno divertente di quello che abbiamo passato? Perché il tutto potrebbe portarci a chiuderci in casa e non avere Netflix o i Social network per farci passare il tempo, una catastrofe climatica sarebbe sicuramente molto peggiore di quella legata al covid. Secondo me dobbiamo chiederci seriamente come possiamo fare tutti assieme per contribuire a cambiare la traiettoria della crisi climatica.
Che quelle lezioni che avevo avuto a scuola, così tanto tempo fa, non possono diventare la realtà che speravo non sarebbe mai arrivata. Quella stessa realtà che molti hanno sottovalutato per troppi anni e che prendevano in giro coloro che ci credevano, come molti che calorosamente erano impegnati a convincere il prossimo che “quegli Orsi senza più ghiaccio sotto i loro piedi”, erano un problema serio per noi, non perché si voleva solo essere alternativi.
Alessandria è una piccola città, da un punto all’altro ci si arriva con al massimo venti minuti a piedi, meno del tempo che ci vuole per cambiare linea di metropolitana nella stessa medesima stazione in città come Londra o Parigi. Una azione simile è una piccola cosa, ma è una grande cosa. Per noi, ma anche per gli orsi che dal polo non hanno il lusso di poter andare via.