La festa della donna e la strada ancora da fare
L'intervento di Lucia Zippo (M5s Novi Ligure), a proposito della ricorrenza dell'Otto Marzo
Riceviamo e pubblichiamo da Lucia Zippo (M5s Novi Ligure), a proposito della ricorrenza dell’Otto Marzo.
Superare l’indifferenza di tutti, uomini e donne, è il primo passo per una comunità più equa e unita. Si dice che ormai spazi importanti siano al femminile, che in tutti gli ambienti non ci sia più differenza di genere. Non è proprio così. Tante volte le donne sono sole. I più ottimisti potrebbero obiettare che nella nostra società civilizzata e connessa non si è mai soli e se è vero che “gli altri siamo noi” allora il problema non esiste. Gli altri ci salveranno comunque.
Vero, tutto potrebbe teoricamente funzionare, ma talvolta la realtà è diversa e nella maggior parte dei casi non funziona così: “gli altri sono gli altri e noi siamo noi,” spesso separati da un diaframma chiamato indifferenza. I nostalgici potrebbero obiettare: “tutta colpa di questa società ingabbiata nello schermo del proprio cellulare”. Ma sarà così? L’indifferenza e i suoi attori indifferenti sono frutto di questa società iperconnessa?
Il sommo poeta nel canto III dell’Inferno, scriveva degli “ignavi”, come di coloro che “vili e codardi non si schierano, peccatori di ignavia di cui il mondo non si ricorderà”. Anche in tempi a noi più vicini c’è stato chi, come Antonio Gramsci, aveva scritto del suo “odio agli indifferenti” in un’Italia fascista. Il richiamo a due grandi protagonisti della nostra storia, come Dante e Gramsci di epoche molto diverse, ci serve per riflettere sul fatto che questa zona grigia dell’essere umano non è racchiudibile in un dato contesto storico o sociale. Nelle varie fasi storiche della nostra società “l’indifferenza” ha assunto forme e colori diversi ma ha portato con sé, sino a oggi la sua struttura.
Quando percepiamo una situazione di pericolo nei confronti di un bambino, una donna, un anziano oppure di un uomo all’interno delle mura domestiche, tutto si perde in quel “non sono fatti nostri” per poi scoprire un mattino che la fine delle urla non voleva dire “pace” ma la fine di una vita. Ritengo che quel “non sono fatti nostri” vada messo necessariamente e seriamente in discussione e che in una società che fa della tutela dei più deboli uno dei suoi principi fondamentali, tutti vadano soccorsi se in una situazione di pericolo ovunque essa si crei.
Nel giorno che dovrebbe riconoscere l’importanza del rispetto delle donne, oltre al biasimo sociale, non sarebbe forse opportuno pensare anche a qualcosa come un indirizzo normativo che evidenzi la gravità di ignorare i problemi e gli eventi che ricadono sotto i nostri occhi?