No biometano, la presa di posizione con Legambiente e l’altro comitato
La protesta valenzana si allarga e trova alleati
VALENZA – Mentre le fila del comitato No Biogas a Valenza continuano ad allargarsi (ora le adesioni sono circa 650 e potrebbero ulteriormente aumentare nei gazebo in calendario per tutto marzo ogni sabato e domenica 12 in piazza Gramsci), sul tema della battaglia per scongiurare l’insediamento di un impianto per la produzione di biometano in strada alla nuova Fornace arriva una nota congiunta redatta, oltre che dal comitato valenzano, da quello No Biodigestore Arena Po e da Legambiente Voghera-Oltrepò e Legambiente Ovadese.
«Una buona pianificazione e il coinvolgimento dei cittadini sono, per Legambiente ed i Comitati di Valenza ed Arena, la chiave per lo sviluppo degli impianti a biometano – si legge nella nota – Il primo passo da fare è una pianificazione territoriale basata su un censimento della materia organica disponibile. Sia per capire meglio la tipologia di prodotto da valorizzare, sia per pianificare il numero e le dimensioni degli impianti, partendo dal settore della gestione dei rifiuti nelle diverse fasi della pianificazione. Imprescindibile, infatti, che gli impianti a biometano da rifiuti vengano integrati all’interno di un Piano Regionale dei Rifiuti, anche per mettere al riparo da situazioni in cui non si hanno o non si possono avere garanzie sulla disponibilità locale di materiale organico, parametro che incide molto sul livello di sostenibile degli impianti a bioenergie. A questo va aggiunta una valutazione delle tecnologie utilizzate (che non sono tutte uguali sotto il profilo delle emissioni climalteranti) e un bilancio complessivo di consumi ed emissioni di gas serra per evitare che i benefici siano marginali. Questo è il Biometano “fatto bene” che i territori necessitano e che sosteniamo. Per questo riteniamo che impianti come quelli che lo stesso proponente sta autorizzando a Valenza, in Provincia di Alessandria e ad Arena Po, in Provincia di Pavia non siano accettabili. Impianti “paracadutati” sui territori, basati su flussi di forsu che arrivano da decine e centinaia di chilometri di distanza, non solo rappresentano un corpo estraneo ma rallentano gli iter e la programmazione degli impianti necessari ai territori e le misure di miglioramento, ampliamento e corretta gestione della forsu che entrambe le Province necessitano e che da tempo sollecitiamo. Chiediamo alle Istituzioni ed agli Enti autorizzanti particolare attenzione quindi perché si arrivi ad una chiusura “negativa” degli iter, calcolando che non a caso entrambi gli iter sono iniziati nel 2020 e hanno richiesto implementazioni ed integrazioni che ne hanno variato profondamente i progetti in senso sostanziale, pur in presenza di elementi di localizzazione fortemente in contrasto col contesto territoriale».