Terremoto in Turchia: Protezione civile sul posto, ospedale da campo pronto
Il coordinatore alessandrino Andrea Morchio: "Il viaggio di 70 km ci ha lasciato letteralmente senza parole, perché abbiamo incontrato solo…
Nell'ateneo studiano e lavorano 47 studenti di nazionalità siriana e 14 di nazionalità turca. Rettore e Prorettore hanno incontrato ragazzi siriani in Università dal 2019
Il bilancio delle vittime causate dal sisma che ha sconvolto le popolazioni turche e siriane nella notte tra il 5 e 6 febbraio è vicino a 40.000 perdite umane. L’Università del Piemonte Orientale, dove oggi studiano e lavorano 47 studenti di nazionalità siriana e 14 di nazionalità turca, attraverso le parole del Rettore Gian Carlo Avanzi esprime la solidarietà nei confronti delle popolazioni coinvolte.
«Tutta la comunità accademica dell’Università del Piemonte Orientale – ha detto il Rettore Avanzi – è vicina ai cittadini turchi e siriani che stanno affrontando una prova durissima, una catastrofe naturale di dimensioni immani che ha colpito popolazioni già fortemente provate dai conflitti e dalla povertà. L’Università è pronta a sostenere tutte le iniziative umanitarie, come quelle già attivate dal Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale, dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati Unhcr e della Croce Rossa Italiana, che siano in grado di alleviare la sofferenza delle persone che vivono in quei luoghi. Iniziative analoghe si stanno discutendo anche in seno alla Conferenza dei Rettori delle Università Italiane e l’Upo sarà sicuramente in prima fila per sostenerle».
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Il Rettore Gian Carlo Avanzi e il Prorettore Roberto Barbato hanno incontrato in Rettorato, a Vercelli, Georges Cheikho e Kinan Nahhass, studenti di nazionalità siriana che da anni vivono la realtà accademica dell’Upo. Insieme a colleghe e colleghi siriani e turchi, sia all’Upo sia in altre università del Nord-Ovest, grazie all’aiuto delle associazioni di volontariato e delle istituzioni locali stanno cercando di mettere in piedi iniziative concrete per sostenere le vittime del terremoto.
Il dottor Cheikho è di Aleppo, tra le città più colpite dal sisma nel nord della Siria; è medico specializzando in Igiene e Sanità pubblica e studia e lavora dividendosi tra la Scuola di Medicina, a Novara, e l’Ospedale Sant’Andrea a Vercelli dove svolge attività di ricerca nell’ambito dell’aging presso l’Osservatorio epidemiologico diretto dal professor Fabrizio Faggiano. Al dottor Nahhass, che è di Damasco e che ha anche insegnato Arabo come tutor per il corso di laurea magistrale in Filosofia, politica e studi culturali del Dipartimento di Studi umanistici, mancano solo pochi esami per concludere il corso di laurea magistrale in Management e Finanza, a Novara.
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A guidare le operazioni il coordinatore Andrea Morchio. Sarà la nave militare San Marco a trasportare la struttura nei luoghi…
«La situazione ad Aleppo è molto grave — spiega il dottor Cheikho — e sentiamo il dovere di attivarci in tempi brevi per aiutare chi vive nelle zone interessate dal sisma. Il senso di colpa per non potere essere in quei luoghi a dare una mano, lo dico soprattutto da medico, è molto grande, ma in questo momento è importante unire le forze anche da qui per creare un ponte umanitario ancora più forte. Ad Aleppo manca tutto, migliaia di persone vivono per le strade perché le loro abitazioni sono crollate o sono pericolanti. Mancano i beni di prima necessità».
«Ad Aleppo, Latakia e Idlib – continua il dottor Cheikho – le città maggiori del nord della Siria, la situazione è tragica. Purtroppo la guerra ha già provato molto quei territori. I morti sono già quasi 40.000, quasi quanto la popolazione di Vercelli. Il terremoto, che ha toccato i 7.9 gradi della scala Richter, ha interessato un’area vastissima, grande quanto mezza Italia. Il sud della Turchia ospita già due milioni e mezzo di rifugiati siriani fuggiti dalla guerra e tutte le scuole e le moschee del territorio sono adibite a rifugio per gli sfollati, ma mancano i beni di prima necessità. Nonostante lo stop alle sanzioni internazionali è ancora molto difficile andare in Siria e trovare i canali giusti per dare il nostro contributo. Al momento stiamo collaborando con l’associazione di volontariato Ohana, a Novara, e con la Caritas e la Pastorale universitaria, a Vercelli, cui siamo davvero grati. Siamo anche in contatto con il Centro di ricerca in medicina dei disastri, il Criderim dell’Upo, per capire se sia possibile un intervento sul posto e l’attivazione di corsi da remoto per formare il personale sanitario delle zone colpite e renderlo maggiormente pronto a fronteggiare catastrofi del genere».