Alessandro Morbelli: “I miei tamburi aiutano a stare meglio”
Dall?orchestra etnica Furasté a una vita tra le percussioni: "I manager fanno team building tra gong e djembe"
ORSARA BORMIDA – Se volete increspargli la pace interiore basta pronunciare la parola ‘bonghi’ per definire i tamburi di cui il suo studio è pieno. «Sono djembe, i bonghi non esistono», scherza Alessandro Morbelli, educatore professionale in psichiatria e percussionista etnico da 25 anni.
Ha girato il mondo per «accumulare esperienza », ma poi – da ‘alessandrino doc’ – è sempre tornato in provincia. Ora vive a Orsara Bormida, paesino di 300 abitanti, con la compagna e circa 200 percussioni di ogni tipo: in legno, shaker, in metallo, campane tibetane e gong.
Come è nata questa passione? «In verità non lo so neppure io – confida – in casa mia non si respirava musica. Non so come sia cresciuto in me l’amore per le percussioni, è qualcosa di innato. Sento il richiamo del ritmo. Il tamburo, in fondo, è una filosofia di vita per riavvicinarci alla madre terra».
Furasté e molto altro
Alessandro Morbelli è stato uno dei fondatori dell’orchestra Furasté, ensemble etnico multiculturale nato proprio ad Alessandria. «Poi ognuno ha preso la sua strada, chi è tornato in Africa, chi ha messo su famiglia, chi ha cambiato mestiere. Io vivo di musica». E ha continuato a perfezionarsi («sono un eterno studente», dice): in Africa, Giappone, America Latina. Ovunque si potesse approfondire tecnica e cultura delle varie percussioni, alla radice della conoscenza. «Sembra facile colpire un tamburo, ma ci vuole studio e disciplina», avverte.
Il ritmo, il suono, le vibrazioni. Le percussioni come percorso educativo e riabilitativo, oltre che spirituale: «Studi scientifici hanno riconosciuto la loro utilità medica per la desincronizzazione degli emisferi cerebrali per il rilassamento muscolare e l ’ allontanamento dello stress.
Team building
Tra le attività che conciliano le professioni di Morbelli (musica ed educazione), c’è quella di facilitatore drum circle, una pratica richiesta dalle multinazionali e dalle grandi aziende per fare squadra. «Serve per una celebrazione, per rompere il ghiaccio e per conoscersi meglio. Il Miur riconosce il drum circle come attività dal potere educativo e pedagogico».
È un evento in cui persone anche sconosciute si ritrovano per conoscersi e creare musica: «È richiesto ai matrimoni con 200 invitati, quando i manager devono fare team, oppure con i bambini».
Di musica, come di arte, è difficile vivere esclusivamente, oggigiorno. Lo sa bene Morbelli: «Suonerò fino a quando avrò 100 anni, come mi è capitato di vedere a Cuba, durante uno dei miei viaggi di apprendimento». Intanto i vicini di casa non si lamentano, anzi: «Quando vengono amici e colleghi per suonare insieme è quasi una gioia ravvivare il borgo».