Tutto su Chat Gpt e gli orizzonti possibili legati all’uso delle intelligenze artificiali
L'esperto Andrea Boscaro: "Non si sostituiranno a noi, ma l'importante sarà coglierne le potenzialità"
L'esperto Andrea Boscaro: "Non si sostituiranno a noi, ma l'importante sarà coglierne le potenzialità"
Dal punto di vista tecnologico questo è un periodo caldo: da quando piattaforme come Open AI (ma gli esempi si estendono anche a Midjournay o Stable Diffusion, solo per citarne alcune), hanno reso possibile un accesso facile, intuitivo e gratuito agli utenti, sono tanti coloro che hanno cominciato a interagire con le AI e a sperimentarne l’utilizzo.
Al di là delle polarizzazioni, che hanno scatenato un acceso dibattito circa l’uso di questi software, le intelligenze artificiali sono strumenti in divenire: insieme ad Andrea Boscaro (in foto), esperto e formatore legato ai temi dell’e-business, dei social media e dell’editoria digitale, affronteremo il tema del momento, ovvero Chat Gpt 3, chatbot friendly sviluppato da Open AI, in grado di interagire con noi e non solo…
Chat Gpt3 è il chatbot di cui tutti parlano e con il quale si può parlare: grazie ai suoi algoritmi è infatti in grado di sostenere conversazioni, elaborare testi, dati, scrivere pastiche nello stile di Kafka. Andrea, cosa sappiamo di queste tecnologie?
La ragione per cui si parla così tanto di Chat Gpt3 e di tutte le nascenti funzionalità basate su quella che viene definita intelligenza artificiale generativa va rintracciata partendo da un dato: nell’arco di soli cinque giorni dalla messa online gratuita, che richiede una semplice registrazione sul sito di Open AI, ha raggiunto il milione di utenti, Instagram ne impiegò ben settantaquattro, per fare un esempio pratico. La sua diffusione ne racconta la viralità e la capacità di successo: si tratta di una tecnologia di machine learning: in sintesi, gli sviluppatori di Open AI hanno addestrato il sistema attraverso l’immissione di una mole di dati numericamente impressionanti, dati provenienti da fonti e contenuti diversi fra loro. Il software li interpreta, li analizza e restituisce così all’utente correlazioni statistiche, risultati di carattere probabilistico, modalità in cui le parole si possono combinare per un risultato utile, immediato e stupefacente.
Si tratta infatti del primo chatbot di intelligenza artificiale che va oltre la stretta nicchia degli appassionati, se ne parla perché è una tecnologia disponibile e di facile accesso. Va anche sottolineata la capacità dell’AI di imitare e riprodurre il linguaggio umano, in una maniera molto credibile: questo aspetto tuttavia ci pone di fronte a considerazioni complesse ed etiche, perché gli algoritmi sono legati ai bias cognitivi di chi questi strumenti li progetta…
Uno dei limiti che stiamo osservando è proprio questo: sono funzionalità che si basano sull’addestramento di dati e informazioni formulate con il linguaggio, il che vuol dire che anche la modalità con la quale comprendono ed interpretano (ma attenzione non si tratta di coscienza) si limita alle parole, mentre sappiamo bene che la conoscenza umana abbraccia orizzonti di senso molto più complessi, ampi e labili. Per quel che riguarda i bias mi sembra significativo riportare questo noto esempio: è stato chiesto a Chat Gpt di realizzare un calcolo semplice, ovvero 10 + 10, lo strumento ovviamente ha dato la risposta matematicamente esatta ma è stato subito incalzato dall’utente con una frase del tipo“Ma mia moglie sostiene che il risultato sia 25, che ne pensi?”. A quel punto, pur continuando a riportare il calcolo esatto, la macchina si scusa. È un non celato bias del sistema, questo perché la funzionalità combina statisticamente delle parole e statisticamente anche l’errore, ecco perché le scuse.
Anche il discorso etico pone accenti importanti: d’altra parte, siccome dietro alla potenzialità di queste tecnologie c’è l’uomo, e i dati stessi vengono inseriti da persone, la macchina non è possiede una sua coscienza e il bot potrebbe replicare un linguaggio offensivo o razzista se addestrato su determinati contenuti o dati, com’è successo per tecnologie antecedenti Chat GPT, limitate proprio per questa ragione.
L’utilizzo delle AI potrebbe avvicinarci inoltre a un nuovo modo di interpretare e organizzare il nostro tempo, soprattutto in ambito lavorativo. In un’intervista al Corriere della Sera, la global chief privacy officer di Wipro, Ivana Bartoletti, ha dichiarato che questi servizi vanno considerati “come tecnologie di supporto che possono aiutarci a svolgere meglio il nostro lavoro”. Il che significherà, eventualmente, avere più tempo a disposizione per concentrare i nostri sforzi verso direzioni nuove e soprattutto più creative…
L’ottimizzazione del tempo, snellire alcuni passaggi legati allo svolgimento di determinate mansioni, è certamente un aspetto utile. Le intelligenze artificiali non si sostituiranno a noi, ma ci aiuteranno a smorzare gli aspetti più ripetitivi del nostro lavoro. Ed è significativo il fatto che questo lo si possa già applicare anche a contesti variegati fra loro: prendiamo ad esempio Dall-E, che è un algoritmo di intelligenza artificiale capace di generare immagini a partire da descrizioni testuali, l’AI amplia la differenziazione stessa delle immagini e, in alcuni settori e in specifiche circostanze, permette di cogliere potenzialità che prima avrebbero avuto bisogno di un importante investimento a monte, come per esempio uno shooting fotografico per il settore pubblicitario. Si tratta sempre di strumenti l’utilità insita in queste tecnologie è legata alla capacità di saperne cogliere le potenzialità, evitando le polarizzazioni.
A proposito di Open AI Dall-E2, l’utilizzo di software text-to-image analoghi, come Stable Diffusion, Midjouney o Mage Space hanno prodotto un acceso dibattito all’interno del settore artistico e intellettuale, non solo per le possibili controversie legate al copyright ma anche per la produzione stessa di opere che non sono vere e proprie opere da intendersi in senso classico. Tuttavia, da persona che le utilizza, posso dire che queste tecnologie non solo non sono lesive ma sono uno strumento in più per noi creativi. Inoltre, non sono affatto facili da utilizzare…
Dobbiamo guardare necessariamente anche all’aspetto frizionale: ci siamo sempre immaginati che l’automatizzazione di certi processi avrebbe inesorabilmente eroso posti di lavoro all’interno di settori di stampo manuale. Ad oggi però anche l’universo intellettuale è coinvolto all’interno dello stesso dibattito. Un esempio? Prendiamo un fotografo che fino a ieri era specializzato nel ripristino di vecchie fotografie, oggi rischia di essere sostituito da strumenti molto efficaci, veloci e disponibili gratuitamente online e questo ha sicuramente un suo impatto nel breve periodo. Però si tratta di strumenti che necessitano di una buona formazione da parte di chi li utilizza, non dobbiamo infatti dimenticare l’importanza del prompt,ovvero le istruzioni che si danno al sistema per ottenere il risultato ottimale. Bisogna imparare a fare le domande giuste, saper utilizzare un linguaggio codificato, si tratta di istruzioni precise, che richiedono competenze. E si tratterà di una vera e propria sfida anche per il settore scolastico e formativo.
Futuro e tecnologia: qual è l’orizzonte del domani a tuo avviso?
Ci sono tecnologie – e penso a quelle legate al settore farmaceutico – che hanno rappresentato un vero e proprio spartiacque, che hanno aiutato concretamente l’uomo, migliorandone la condizione, l’aspettativa di vita. Però non è sempre così scontato, non è certo che la tecnologia migliorerà sempre la nostra vita o che ci porterà per forza al progresso. E ce ne sono state altre che non si sono rivelate né buone né cattive in sé e credo che le intelligenze artificiali in futuro insisteranno proprio su queste ultime, dipenderà quanto la società – dunque le istituzioni, la scuola, il mondo del lavoro- saprà abbracciare questa sfida, creando anche degli antidoti, se non vere e proprie difese rispetto alle possibili controversie legate all’utilizzo delle tecnologie, altrimenti il rischio è quello di generare possibili disuguaglianze, ovvero più valore per alcuni che la sfrutteranno per abbattere costi di produzione e quindi posti di lavoro, sconfessando la mission di una tecnologia accessibile e alla portata di tutti.