“Ricordare è un dovere di chi resta per non commettere gli stessi errori”
Le parole del sindaco Giorgio Abonante nella Giornata della Memoria
Ci sono passati che non passano e farne memoria è un obbligo morale: è la strada per trovare un antidoto e ritrovare l’umanità, laddove perduta, come forma di contrasto. È la via per ricordare ai più giovani le conseguenze degli errori e farli riconoscere di generazione in generazione.
Oggi, 27 gennaio 2023, nel suo discorso alla comunità, il sindaco Giorgio Abonante richiama al valore della memoria collettiva non in modo generico, ma sollecitando a ricordare chi ha dovuto, per volontà altrui, allontanarsi dalle nostre strade e dalle nostre vite. Ricordare è un dovere di chi resta per non commettere gli stessi errori. E non solo oggi.
Queste le parole del sindaco: “Ricordare è il naturale ritorno nella nostra mente delle cose che abbiamo vissuto o studiato. Invitare gli altri a ricordare non è per niente facile perché ricordare è un processo selettivo che risponde a criteri nostri, intimi, che fanno parte del nostro vissuto. Anche dimenticare è un bene a volte, per non farci sopraffare dal peso della vita quando i ricordi aprono vuoti e ferite. Su alcuni argomenti, però, il tema è più che altro come facciamo memoria collettiva, come possiamo far sedimentare nella coscienza collettiva la storia dei danni fatti dal nazifascismo, dello sterminio del popolo ebraico e dei campi di concentramento. A questo proposito credo che nello studio della storia sia senza dubbio necessario approfondire le cause sociali, economiche, anche psicologiche, che concorrono alla nascita e allo sviluppo di certi fenomeni, diversamente si cade nell’aneddotica; ma è altrettanto utile e interessante, per avvicinarsi alla grande storia, provare ad estrapolare fatti particolari, storie personali, vicende particolari che possono accendere l’interesse sugli scenari storici più ampi”.
Il primo cittadino ha ricordato ad esempio “quando sono stato avvicinato a storie come quella di Arpad Weisz, allenatore di calcio dell’Inter, dei Grigi e del Bologna ucciso perché ebreo, oppure alla storia dell’Ajax, la squadra del ghetto ebraico di Amsterdam. Quelle storie mi interessarono perché toccavano le corde della mia passione per lo sport e grazie a questo mi agganciarono alla grande storia dell’uccisione di massa degli ebrei senza passare per forza ed esclusivamente per l’orrore, destinato a creare assuefazione, come dice Luciana Ziruolo secondo me a ragione. Allora quali potrebbero essere le storie? Quella delle ventisette alessandrine e alessandrini ebrei che morirono nei campi di concentramento, ad esempio. Persone che contribuirono alla costruzione della nostra città, cioè l’ambiente fisico e di relazioni in cui viviamo noi oggi. Persone a cui dobbiamo qualcosa e che furono depredate dalle leggi razziali fasciste e poi uccise dai nazisti”.
Per Abonante, dunque, “si può partire dalla storia di queste persone per fare memoria collettiva locale, come hanno fatto l’associazione Mare Aperto, Isral, club Lions che sono partiti dalle pietre d’inciampo che trovate davanti alla Sinagoga e in via Migliara, per arrivare al fumetto confezionato da Giorgio Annone e Lele Gastini. È necessario capire le ragioni di quella disfatta dell’umanità perché noi siamo deboli e non possiamo essere certi che gli orrori della Shoah non si ripetano più. Il rispetto per l’altro e la lotta alle discriminazioni sono alla base di una società che sappia percepirsi come tale; una comunità è un mondo di relazioni in cui non è tutto perfetto, non tutto è come vorremmo secondo il nostro modo di vedere il mondo. E non è nemmeno una macchina per la produzione di soldi, consumi, efficienza, pulizia e ordine. Il genocidio degli ebrei fu un meccanismo messo in moto per l’espulsione dalla società di tutti quelli che non corrispondevano ad un’idea di perfezione elaborata dai nazisti e dai fascisti”.
“Bisogna appassionarsi – conclude – alla storia dei 27 ebrei alessandrini mai tornati dai campi di concentramento per sapere e ricordare per sempre che la chiusura verso gli altri, l’esclusione, la superiorità presunta di qualche gruppo sociale rispetto ad altri sono segnali pericolosi. La ricerca eterna di capri espiatori invece del dialogo, segnale preoccupante. David Bidussa scrisse un bel libro sulla memoria dopo l’ultimo testimone. Quando non ci sarà più nessuno che ha vissuto la Shoah o le drammatiche vicende della Seconda Guerra mondiale a chi chiederemo di fare memoria? Dovremo farlo noi; e dopo di noi altri, e non sono il 27 gennaio.