David Larible: “Faccio il clown perché fa stare bene le persone”
L'artista sarà in scena al teatro Alessandrino venerdì 20 gennaio
L’INTERVISTA – Ha iniziato a fare il clown dopo aver capito che quelli col naso rosso, il trucco marcato e gli abiti colorati «facevano stare bene le persone». Il preambolo serve a spiegare che David Larible ha raggiunto lo scopo: portare allegria. Lo fa da circense collaudato, un po’ musicista, un po’ giullare, facendo credere che sia improvvisazione anche quello che è stato studiato nei dettagli in molti anni di esercizio.
Venerdì 20 gennaio, alle 21, Larible salirà sul palco del Teatro Alessandrino di via Verdi 12 (biglietti a 27 euro in platea e a 20 in galleria, a 15 per i ragazzi con meno di 14 anni; acquisti alla cassa del teatro, su TicketOne o su www.teatroalessandrino.it).
Larible, dal nome non sembrerebbe italiano, invece…
Invece lo sono, però il bisnonno era francese di Lione, quindi dovrei chiamarmi “Larìbl”, ma il cognome si è italianizzato nel tempo. Quindi sono “Larìble” a tutti gli effetti. Per il nome David, la responsabilità è tutta dei miei genitori.
Una famiglia di circensi.
Sì, da sette generazioni: sono nato e cresciuto col circo. Papà faceva il trapezista e il giocoliere, mio nonno faceva il clown, ma non l’ho mai visto all’opera perché ha abbandonato le scene prima che potessi apprezzarlo.
E lei come ha scelto quale strada imboccare?
Ho sempre avuto la fissa dei clown, perché capivo che portavano divertimento e facevano stare bene le persone. Dunque, mi sono detto: io voglio fare quello.
La vita circense la immaginiamo molto dura…
I tempi sono profondamente cambiati. Quand’ero bambino io, vivevamo in sei su una roulotte di sette metri. L’acqua la si andava a prendere con i bidoni, alle fontane delle città in cui ci si fermava. E mia mamma portava i panni al lavatoio pubblico.
Adesso, invece?
Oggi la vita del circense è ben diversa, più agiata per certi aspetti. Certo è che ci vuole una grande passione.
È sufficiente?
Indubbiamente la passione ti fa credere in quello che fai e ti aiuta ad andare avanti anche nei momenti di sconforto.
Ne ha avuti tanti, lei?
A inizio carriera è facile arrendersi. I flop non si contano, così come le persone che ti scoraggiano e ti invitano a desistere.
Meno male che non si è arreso.
Io mi diverto: se non lo facessi, non si divertirebbe neanche il pubblico.
Possiamo dire che la sua svolta professionale è arrivata grazie al Circo di Montecarlo?
Sì, specialmente dopo avere vinto il premio ‘Clown d’argento’. Per me è stato un trampolino di lancio, esattamente come per un cantante che trionfa a ‘ Sanremo Giovani’. Da lì sono cominciate molte cose. Ma non è mai semplice riuscire a fare tournée teatrali e trovare ingaggi.
Ad Alessandria porterà il suo grande successo ‘Il clown dei clown’.
È il mio cavallo di battaglia, replicato all’incirca 400 volte. Malgrado ciò, in scena non mi annoio mai, anche perché, chiamando sempre qualche spettatore sul palco, ogni sera ci sono novità.
Quanto tempo impiega a truccarsi?
In questo spettacolo lo faccio in scena.
Il ‘suo’ clown ha meccanismi perfetti.
Quello che si vede è solo la punta dell’iceberg, l’effetto finale che fa seguito a una preparazione infinita, meticolosa e forse inimmaginabile. Bisogna perfezionare i meccanismi con molto allenamento. Non si improvvisa.
Il suo pubblico non è solo quello dei bambini.
Affatto, non c’è un’età definita. E lo spettacolo è davvero per tutti.
Chiudiamo tornando al circo. Le manca?
Il circo della mia infanzia aveva un fascino indiscusso. Era una vita semplice, fatta di sacrifici ma ricca di valori e solidarietà. Una splendida palestra di vita.