Poeti locali, versi e sonetti: Urbs racconta il Natale
OVADA – «St’anu l’é l’urtimu Natale du ‘900. Tanci ricordi in turnu in mainte…». Il dialetto che da strumento orale per eccellenza si trasforma in parola scritta, racconto del nostro territorio. La poesia scritta a Belforte nel 1999 da Remo Giacinto Alloisio è fra le tante raccolte da Franco Pesce nei “Quaderni Monferrini”, l’omaggio che Urbs, la rivista dell’Accademia Urbense ha voluto fare ai suoi lettori. La prima parte è inserita nel numero con il quale la rivista saluta l’anno che sta per concludersi. Il Natale è un tema importante, così come la fiera di Sant’Andrea che ricorre nel prossimo fine settimana. E gli autori inseriti sono molti.
Fiere e sagre
«Abbiamo realizzato – racconta il curatore Franco Pesce – una breve antologia dei poeti in vernacolo del nostro territorio. Sono rappresentate tutte le aree. Abbiamo tre autori di Ovada, uno di Cassinelle, Rocca Grimalda, Capriata d’Orba, Belforte. E due da Silvano. Da quest’ultimo paese arriva Sergio Basso, insegnante e letterato che a sua volta ha parlato del Natale nei suoi “Frammenti”. «Sui rami di ginepro batuffoli di cotone (la neve sempre più rara ndr), qualche mandarino e un pezzo di torrone… Accanto alla capanna il volto di un bimbo, guarda il presepe con gli occhi del cuore».
Tonino Tassistro, il poeta della nostalgia e dei ricordi di un mondo scomparso, delinea il tratto della fiera di Sant’Andrea. «Se ben i fregiu duru u c’mensova ciù d’na stmanna a durova chi u catovai cavò chi i ghinettu, chi ia crova, chi l’asnettu. (Anche se il freddo iniziava a farsi sentire, la fiera si protraeva per una settimana, c’era chi acquistava il cavallo, chi il maialino, chi la capra e chi l’asinello)». Esigenze e tasche diverse di un tempo. Nella raccolta messa a punto da Pesce trovano posto anche Aldo Barisione (Rocca Grimalda), Colombo Gajone e Franco Resecco (Ovada), Mario Tambbussa (Capriata), Arturo Vercellino (Cassinelle), Elio Robbiano (Silvano).
Gotici o liguri?
C’è tradizione e storia sociale dell’Ovadese in queste pagine. Arturo Vercellino racconta a modo suo il grande Fausto Coppi («sc-carabucc du Sc-ignur»), c’è anche «Ra canzon dei Pulenton», Molare in tutta la sua essenza: «Carvè, e bladorie sono finiie, son finii anche i ravioi. L’è ura id mette a testa a post e turnè brav’o zuvnot!». Lette su carta si possono apprezzare meglio le piccole ma significative differenze nel modo di parlare di aree limitrofe ma poco collegate in un mondo diverso dal nostro. «Qualche anno fa – conclude Pesce – un esperto toscano definì “gotici i nostri dialetti, difficili da capire per un forestiero. L’incrocio tra Liguria e Piemonte, con un po’ di Lombardia, rende il modo di parlare di quest’area più complesso. Ma le storie narrate rispecchiano cultura, usanze, abitudini e la nostra essenza più profonda».