Ospedale di Comunità: pressing sull’Asl per la riapertura
Le richieste si scontrano con la mancanza di personale sanitario
Duro monito del referente della comunità Scolopi che chiede la riapertura del reparto avviato nel 2019
OVADA – «Al mercoledì e al sabato quasi non esco più. Ma il malcontento della gente è palpabile». I toni non sono quelli accesi che caratterizzarono il periodo della raccolta firme e del successivo ricorso contro il declassamento del Pronto Soccorso. Padre Ugo Barani non rinuncia però alla sua battaglia per una sanità sul territorio più attenta alle esigenze delle persone.
E il problema è sempre lo stesso: l’ospedale di comunità, esperimento avviato con tante speranze nella primavera 2019 (sotto la direzione di Antonio Brambilla) e troncato con l’ingresso nella fase dura dell’emergenza sanitaria. Asl Al ha promesso di riattivarlo non appena la disponibilità degli infermieri lo permetterà. Una risposta non sufficiente per lo stesso Barani che punto il dito contro indirizzi politici e conseguenti comportamenti da parte dei dirigenti.
«Ho già chiarito – spiega il referente della comunità degli Scolopi in città – che quell’esperimento era considerato un fiore all’occhiello. La struttura assicurava al tempo stesso cure adeguate, grazie all’impegno dei medici di famiglia, e un notevole alleggerimento dei costi a carico di Asl. Ora dicono che mancano gli infermieri per riaprire. Ma secondo me è solo l’ennesimo pretesto».
Ospedale di Comunità: pressing sull’Asl per la riapertura
Le richieste si scontrano con la mancanza di personale sanitario
Barani parla indicando tanti esempi di come una struttura del genere porterebbe beneficio in un contesto caratterizzato da una popolazione d’età avanzata con i problemi ad essa connessi. Patologie croniche come il diabete, problemi come lo scompenso cardiaco, la polmonite che con la struttura aperta venivano trattati in modo efficace evitando lunghe degenze, oppure, il peggioramento del quadro clinico. «Per ora – ha sempre avvertito l’Asl – non ci sono le condizioni per ripartire».
«Continueremo a insistere per far capire all’Asl quanto sia importante riattivare questo reparto in una zona come la nostra», assicurava il sindaco Paolo Lantero non più tardi di qualche settimana fa. La causa è stata perorata di recente nel corso di una serie di riunioni che per ora non hanno prodotto il risultato auspicato.
A far sollevare più di un sopracciglio, nel mondo medico della zona, è la mancata indicazione di Ovada come sede di “Ospedale di comunità” nel dettaglio degli interventi di riorganizzazione dei servizi sul territorio messa a punto dalla stessa Asl per sfruttare al meglio le risorse sbloccate dal Pnrr.
Un riferimento anche in questo caso poco incoraggiante. Secondo i redattori del piano la «Casa di comunità», l’insieme di servizi al cittadino tra ambulatori e possibilità di visite sarebbe stato da realizzare all’interno della struttura di via Ruffini e non nel Sant’Antonio di via XXV aprile come da proposta progettuale emersa sul territorio. Una prospettiva poi rientrata dopo le proteste arrivate da più parti.
«La popolazione è in sofferenza – avverte ancora Padre Ugo – Non guardo tanto ai tecnici che occupano i loro posti per sviluppare gli indirizzi politici. A questo livello deve muoversi qualcosa».