Gancia e lo scontro a fuoco nell’Acquese
La morte dell'imprenditore dello spumante, il sequestro e le Brigate rosse
ALESSANDRIA – E’ anche un po’ di Alessandria nella biografia di Vittorio Vallarino Gancia, morto ad Asti, a 90 anni. L’imprenditore – erede della dinastia che, a metà Ottocento, inventò lo spumante italiano, dando origine a un marchio ancora presente in tutti i continenti – il 4 giugno 1975 venne sequestrato da un gruppo armato delle Brigate Rosse e fatto prigioniero a Cascina Spiotta di Arzello, nei pressi di Acqui Terme.
L’azione fu orchestrata dal gruppo armato per finanziare, col riscatto, la propria organizzazione terroristica che era in via di espansione. Il sequestro si concluse il 5 giugno quando i rapitori vennero individuati da una pattuglia dei carabinieri che fece irruzione nella cascina dove era tenuto nascosto Gancia.
Scontro a fuoco
Lo scontro a fuoco causò la morte dell’appuntato dei carabinieri Giovanni D’Alfonso e della terrorista Margherita Cagol, detta Mara, capo del nucleo brigatista e moglie di Renato Curcio, oltre al grave ferimento di altri due carabinieri, tra cui il tenente Umberto Rocca che perse un braccio e un occhio; l’ostaggio venne liberato incolume.
Mara Cagol, il 18 febbraio dello stesso anno, aveva contribuito all’evasione, dal carcere di Casale Monferrato, dell’ideologo della Brigate rosse, Renato Curcio, di cui era compagna.