La ‘Coscioni’, Marola, la cannabis e l’antiproibizionismo
Confronto con lo scrittore alla Casa di Quartiere di Alessandria
Luca Marola, scrittore ed imprenditore, ha presentato venerdì alla Casa di Quartiere di Alessandria il suo libro “Antipro, 99 interventi fondamentali contro il proibizionismo”: discutendo con Fabio Scaltritti della Comunità di San Benedetto al Porto e con alcuni attivisti dell’Associazione Luca Coscioni (Matteo Mainardi, Fabrizio Amerelli e Nicolò Ferraris) ha illustrato le ragioni di intellettuali e scienziati a favore dell’antiproibizionismo, sfatando luoghi comuni e fake news sulla tossicità della cannabis e sulle conseguenze sociali della legalizzazione.
“In particolare – spiegano gli organizzatori – i relatori si sono soffermati sulle testimonianze di scienziati e medici, assolutamente estranei a ogni partigianeria, che prendono posizione a favore della legalizzazione sulla base di conoscenze comprovate e incontestabili. E, per quel che riguarda le possibili conseguenze sociali della legalizzazione della cannabis, ci si è confrontati con le esperienze di altri Paesi la cui legislazione da tempo si è aperta al consumo, al commercio e alla produzione, in cui i dati statistici ufficiali attestano che, con il cadere delle proibizioni, non è avvenuto alcun disastro: il consumo non è aumentato presso i giovani e la criminalità non è peggiorata“.
E la cannabis terapeutica? Scaltritti ha sottolineato “l’indispensabile ruolo della sostanza in campo medico, perché solo nella realtà cittadina più di 200 persone vengono curate con medicinali a base di cannabis dalla sanità pubblica. C’è però una contraddizione: la produzione è insufficiente e il farmaco non è disponibile per tutti i pazienti che ne avrebbero bisogno”.
Il ruolo dell’Onu
“Tanti – proseguono i membri della Cellula Coscioni – sono i risvolti della politica repressiva nei confronti del consumo e della produzione di cannabis emersi nel dibattito: quanti posti di lavoro regolari in più potrebbero esserci coltivando in Italia la cannabis, ora importata illegalmente, a vantaggio delle narcomanie? Centinaia, se non migliaia. Il mondo della politica, ora più che mai, è sordo a queste istanze. E proprio in questi giorni assistiamo a una recrudescenza della repressione nei confronti di chi possiede e produce la sostanza. L’Italia rimane il fanalino di coda nella lotta per i diritti: pochi giorni fa, il 14 ottobre, l’Onu si è espressa con preoccupazione sull’approccio punitivo della nostra legislazione in materia di stupefacenti: la legge italiana non rispetterebbe il criterio di proporzionalità delle pene, con un indebito incremento delle incarcerazioni ed un’ abnorme pressione sul sistema carcerario. Sostanzialmente l’Onu richiede l’adeguamento della nostra legislazione a quella già in essere presso altri paesi (si pensi solo agli Stati Uniti o alla Germania)”.
Ecco perché, concludono, “si auspica quindi l’abbandono della demonizzazione della cannabis, come strumento della caccia al diverso. Ma la strada per una riforma legislativa – e anche solo per una più corretta informazione – sembra ancora lunga e impervia”.