Morte di Cristian Martinelli: "Omicidio preterintenzionale"
Il fermo del moldavo non è stato convalidato dal gip, ma il giovane resta in carcere
Il sindaco invoca investimenti importanti come antidoto alla disgregazione della società
CASALE – Il sindaco di Casale Federico Riboldi commenta, a pochi giorni dalla morte di Cristian Martinelli, il tragico episodio di cronaca che ha sconvolto la comunità monferrina.
«Ho atteso i primi accertamenti e rilievi della Polizia Giudiziaria per intervenire sul tema del brutale omicidio e in primis desidero esprimere le vicinanza da parte di tutta la comunità ai cari del giovane uomo vittima di brutalità disumana, conscio che nulla può alleviare il dolore della famiglia e degli amici di fronte ad eventi di tale portata.
Parleremo con questa unica voce evitando interventi ulteriori su media nazionali e locali che ci stanno interpellando» spiega Riboldi.
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Il fermo del moldavo non è stato convalidato dal gip, ma il giovane resta in carcere
«Sono trascorsi tre giorni dalla tragedia, giorni in cui ciascuno di noi è chiamato a riflessioni e io nel mio ruolo di primo cittadino ad alcune richieste. In primis la massima celerità e severità nel punire i colpevoli. Lo Stato non può trasferire ai cittadini onesti l’idea che esista impunità di fronte ad azioni criminali di questo stampo.
In secondo luogo una maggiore attenzione da parte degli organismi centrali alle aree periferiche del territorio. Occorre restituire, e farlo rapidamente anche in vista della riapertura della linea su Milano nel 2023, alla stazione di Casale il presidio della Polizia Ferroviaria le cui problematiche nella soppressione avevamo espresso con chiarezza. In linea generale sono fermamente convinto che l’inurbamento dei grandi centri e l’impoverimento delle cosiddette aree periferiche porti a fenomeni di marginalizzazione che sfociano in degrado sociale» prosegue il primo cittadino.
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«In terza istanza, una riflessione che coinvolge tutta la comunità, sul modello di società che abbiamo costruito e nel quale stiamo vivendo. Il fenomeno delle baby gang non è una novità. Lo si conosce in tutta la sua crudeltà, da decenni, nei paesi anglosassoni e in America Latina; oggi pare essersi radicalizzato anche nella nostra nazione.
Un problema profondo, di emarginazione sociale, di mancato coinvolgimento, di generazioni che non vedono un futuro oltre alla delinquenza comune. In quest’ambito tutti dobbiamo fare una profonda riflessione sulla mancanza delle agenzie educative, in primis scuola e famiglia, che vengono sostituite in toto dal gruppo dei pari. La responsabilità di raddrizzare la barra del timone è quindi di ogni adulto della nostra società. Pensare ad investimenti a lungo termine, in attività educative, culturali, sportive. Lavorare sull’educational divide affinché le nuove generazioni possano studiare e lavorare sul proprio territorio. Implementare politiche di welfare famigliare che consentano alla famiglia di tornare centrale nell’educazione dei figli. Investimenti importanti, che richiedono impegno e che non offrono risultati immediati ma unico antidoto alla disgregazione della società e alla marginalizzazione dei più fragili» conclude il sindaco.
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