Sanità pubblica in difficoltà, sono sempre di più i medici a gettone
Un fenomeno complesso analizzato da Antonello Santoro, presidente dell?Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri della provincia di Alessandria
ALESSANDRIA – È sempre più frequente il ricorso al ‘privato’ della sanità pubblica. Il risultato sono costi altissimi che pesano sulla comunità, tralasciando eventuali problemi “qualitativi”.
Il fenomeno è ben radicato anche in provincia, come spiega Antonello Santoro (l’intervista completa è su Il Piccolo di oggi, venerdì 14 ottobre), presidente dell’Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri della provincia di Alessandria.
Se nel corso della fase più acuta della pandemia, quello dei professionisti a gettone è stato molto importante per il servizio sanitario nazionale, ci sono ormai realtà che non ne possono fare a meno. E sono molte.
I medici scelgono di lavorare attraverso cooperative anzichè in struttura per questioni principalmente economiche. «I medici che, ad esempio, prestano servizio notturno o di guardia eccetera non hanno indennizzi adeguati e lo straordinario, rispetto alla paga considerabile canonica, è assolutamente inadeguata. Una cooperativa per “affittare” un professionista per il turno notturno può incassare dagli 800 ai 2.000 euro» spiega Santoro. Denari spesi dalla comunità.
«Un medico libero professionista, ingaggiato a gettone, può guadagnare fino a dieci volte in più rispetto a un collega della struttura. Questo, come si può capire, è deprimente» continua Santoro.
Venendo alla provincia di Alessandria: «Non c’è un Pronto soccorso, ormai, che non abbia medici a chiamata. E in Piemonte, la scuola di specialità in Medicina d’urgenza ha 30 posti vacanti: non è mai successa un’anomalia del genere. Nel Pronto soccorso si avverte di più il fenomeno, ma sono coinvolti anche altri reparti come la Rianimazione, la Ginecologia, l’Ortopedia. La Medicina neonatale di Casale, di fatto, funziona solo con medici a gettone. Comunque è un fenomeno diffuso ovunque. Nel solo 2022, nella nostra provincia, sono molti quelli che hanno cominciato a lavorare privatamente. Una parte, inoltre, ha lasciato l’ospedale per fare il medico di famiglia».
La situazione è serissima: «Di questo passo crollerà tutto. Bisogna investire nelle persone. Con il Pnrr si vogliono realizzare le case della salute, che vanno benissimo, ma è tutto inutile se poi non hai medici da mettere dentro»