Alluvione, un anno dopo: dalla piena dell’Orba alla difficile ripartenza
OVADA – A guardare oggi l’Orba ridotto a un rigagnolo tra il ponte della Veneta e lo snodo per il Borgo sembra impossibile che poco meno di un anno fa si sia trasformato nella bomba d’acqua, fango e detriti che ha sconvolto l’area che dalla Rebba porta a regione Carlovini e oltre, ponendo le aziende e i privati cittadini di fronte a una sfida senza precedenti nel periodo recente. A dodici mesi esatti da quello sconvolgente 4 ottobre molto è stato fatto, ma tantissimo rimane da fare.
Pensando all’alluvione le prime realtà che vengono in mente sono Ormig e Vezzani, le due importanti aziende collocate sul greto del torrente trovatesi lo scorso anno nell’impossibilità di contenere il dilagare dell’acqua. Molte però le realtà che hanno pagato un prezzo pesante, non solo in quell’area ma anche a ridosso dello Stura, il piccolo spazio artigianale in regione Brizzolesi. Il caso più emblematico è poi quello del Geirino dove, sul fronte del ripristino, è ancora tutto fermo. «Per essere risarciti dall’assicurazione – chiarisce Mirco Bottero – dobbiamo fare i lavori. In questo senso i problemi sono due: il permesso da parte della Provincia per lo spostamento dei locali tecnici dall’attuale posizione interrata. Lo stesso progetto è un nodo da affrontare: se sarà migliorativo prevederà la necessità di maggiori risorse che al momento non sono disponibili».
Quanto realizzato tra anni gli ‘60 e ‘70, per quanto legittimo, oggi segna il passo di fronte alle mutate condizioni. In questi mesi ci si è confrontati molto su come affrontare il nodo dei cambiamenti climatici, la maggiore frequenza, rispetto al passato, con la quale eventi estremi possono mettere a rischio lo stato delle cose. «Ogni volta che abbiamo discusso di queste problematiche in Regione – precisa il sindaco di Ovada, Paolo Lantero – abbiamo incassato risposte negative che sono figlie di posizioni tecniche. Però non ci si può fermare al fatto che non c’è soluzione, bisogna trovarla».