Michele Mirabella: “Il bello e il brutto della televisione”
Il volto di Elisir è stato a Ovada per Sconfinamenti. "Per essere divulgatori servono attenzione e rigore"
OVADA – Attore, autore, presentatore, divulgatore scientifico. Michele Mirabella, che è stato protagonista giovedì 7 luglio per l’esordio di “Sconfinamenti”, ha sondato tutti i campi della televisione, facendo spettacolo e divulgazione scientifica. La trasmissione di grande successo “Elisir” è perfetta per una rassegna che si propone di indagare sul concetto di benessere.
Dottor Mirabella, cosa deve fare un buon divulgatore scientifico?
Privilegiare il rapporto umano rispetto a quello tecnologico. La tecnologia deve riappropriarsi del piano umano partendo dai suoi protagonisti. Il sapere deve essere trasmesso da specialisti non da passanti; non basta avere un’investitura contrattuale per diventare bravi divulgatori o esperti. Negli ultimi anni abbiamo assistito in fase pandemica ad una informazione piuttosto contraddittoria.
Cosa ne pensa?
La prolificazione dei mezzi di comunicazione ha favorito gli improvvisatori che si sono prestati a dire tutto e il contrario di tutto.
L’informazione televisiva che ruolo ha avuto nella narrazione dei fatti?
In televisione è stata fatta troppa informazione e questo ha dato spazio a falsità, errori, congetture a strafalcioni culturali, politici, economici ed ideologici. L’unica attenuante che è giusto riconoscere è la portata dell’evento. Era dalla seconda guerra mondiale che non si assisteva ad una congestione planetaria di tale portata.
Che effetto ha avuto sulle persone la confusione mediatica?
Sono convinto che se lei chiede ad un telespettatore di riassumere il pensiero di uno dei divi di questo marasma, balbetterà qualche luogo comune e poi il nulla.
A proposito dei “divi” dell’informazione, perché vengono creati o assumono questo ruolo?
Perchè fanno audience. Lo stiamo vedendo anche per quanto riguarda la guerra in Ucraina, che ha fatto emergere divi “putiniani” dei quali facevamo volentieri a meno. Vengono invitati questi individui nelle trasmissioni: i disturbatori hanno un ruolo importante perché la rissosità vince sulla verità e in più fa notizia.
Cosa ne è stato della televisione come strumento didattico?
La mediazione alta la devono fare gli intellettuali e i politici ma poi è il pubblico che decide. È anche vero che oggi gli strumenti da cui attingere informazioni sono quadruplicati. La globalizzazione ha trovato impreparati gli intellettuali. Non ci si è fatti carico, almeno in Italia, di proporre contenuti alti. La pigrizia ha prevalso.
Dove si possono trovare oggi canali che fanno una buona informazione?
La rete pubblica ha nove canali, di questi sei sono impeccabili. Mi riferisco a Rai1, Rai2, Rai3, Rai Storia, Scuola, Cinema. Conducono una grande battaglia, non certo priva di errori, ma arginano la pornografia delirante che viene distribuita. Auspico che ad un certo punto si arriverà ad una filosofia della comunicazione che ci insegnerà il bene e il male. E anche il valore e il disvalore.
Ci sono frasi che non è corretto usare?
Negli anni della mia gioventù spesso si diceva “nella misura in cui ”, oggi “ in qualche modo”. Sono espressioni che servono a prendere tempo perché non viene la parola appropriata. Significa che non c’è la padronanza del concetto. In questi casi è meglio fare una pausa, riflettere. La lingua, l’idioma basta e avanza; non ha bisogno di narrazione ma di essere veicolata attraverso i libri, i giornali, la radio.
Oggi si sta facendo sparire il congiuntivo.
Sul congiuntivo è stata costruita la nostra cultura. Oggi, se ne parli, si pensa sia una malattia dell’occhio. Ci siamo evoluti anche grazie alle differenze. Il linguaggio serve a percepirle. Senza saremmo rimasti trogloditi.