La siccità e il caldo sono fatali: «Bollette triplicate e il fieno scarseggia»
Castelceriolo, cronaca dall?allevamento di Brezzi, che ha perso una cinquantina di capi stremati dalla calura
CASTELCERIOLO – Basta mettere a confronto due bollette, per capire come gira (e come gira il contatore, e come girano anche le scatole…).
Le mostra Romano Brezzi (nella foto), uno degli allevatori più noti della zona: «Ecco, questa è di luglio 2021. E questa è di dodici mesi dopo. Vista la differenza?».
Per andare al sodo bisogna leggere in fondo, tralasciando le varie voci. Non ci vuole uno scienziato per capire che, in un’azienda come la sua, tra le principali dell’Alessandrino, i costi dell’energia elettrica sono passati da 11mila e rotti euro a oltre 34mila. Significa che sono più che triplicati. «E allora, come si può fare? Mica posso vendere la carne al triplo, oppure fare lievitare così tanto il prezzo del latte?».
È la domanda che Brezzi legittimamente si pone, raccontando la sfilza di problemi che hanno interessato il suo allevamento di Castelceriolo, lungo strada Cerca. Il più preoccupante è stata la moria di animali, a causa del caldo. Sembra incredibile ma non lo è mica tanto: «Provate voi a stare a cinquanta gradi. È chiaro che, dopo un po’, non ce la fate a resistere».
Se il sole aggressivo picchia costantemente sulla stalla e se il capannone non è “refrigerato” a sufficienza, per le bestie è un’agonia. «A me sono morti una cinquantina capi, tra vacche e vitelli». Se traduciamo il lutto in denaro significa una perdita «tra 80 e 100mila euro».
Un’attività fiorente
E sono altre voci negative nel bilancio di un’azienda decisamente fiorente (è associata a Confagricoltura), che tra mucche da latte e vitelli da ingrasso arriva a tremila, e che ha un giro d’affari non da poco, con carne servita a tre macellerie (la ‘Quattro cascine’ di fronte al casello di Castelceriolo, una di Cantalupo e una ad Alessandria, in via Savona) e latte consegnato a caseifici piemontesi oltre alla ex Galbani alla quale viene conferita metà della produzione.
Non solo: le vacche “a fine carriera” vengono macellate e vendute a Sant’Angelo Lodigiano alla Cremonini, che si autodefinisce «la prima società privata in Europa nella produzione di carni bovine e prodotti trasformati a base di carne».
Capirete che, raccontando di Brezzi, non stiamo parlando di un allevamento di second’ordine, anzi. Ed è pure un complesso all’avanguardia, anche se potrebbe… fare meglio. È lo stesso Romano ad ammetterlo: «Diciamo che, dal punto di vista tecnologico, siamo circa all’80%. Non è male, naturalmente. Del resto, se non fossimo così al passo con i tempi non potremmo sopravvivere».
E, forse, solo se si è strutturati si può far fronte a problemi così gravosi. «Quest’estate si sta rivelando devastante – racconta – Il caldo oppressivo ci ha indotti a tenere i ventilatori delle stalle accesi al massimo e costantemente. Il lievitare delle bollette è dovuto anche a questo. Ma, malgrado ciò, abbiamo perso molti animali. È successo che alcune vacche da latte, stremate dal caldo, hanno smesso di mangiare; qualcuna ha fatto indigestione di acqua. Altre hanno accusato polmoniti e non ne sono uscite».
Non si può aumentare
Poi, se vogliamo aggiungere un’ulteriore nota che incide negativamente sul bilancio, bisogna parlare di raccolti: «Nel caso del fieno, coi i tagli di giugno e di luglio abbiamo portato a casa solo il 30%, rispetto a un’annata normale. E questo ha dell’incredibile…».
Brezzi arriva a una conclusione che culmina con una domanda retorica: «Questo 2022 per noi è allevatori è un disastro. Va ben che un pochino i prezzi di latte e carne sono aumentati, ma, considerate le perdite e le spese, quanto rincaro posso applicare per evitare che il consumatore finale mi dia del matto?».