«Anche nell’Alessandrino il Covid rappresenta la terza causa di morte»
Bianchi, docente dell’Upo: «In base ai numeri ufficiali della Protezione Civile, solo malattie circolatorie e tumori sono più letali»
Pubblichiamo un’analisi realizzata dal professor Carluccio Bianchi, docente di Macroeconomia dell’Upo, sull’evoluzione della pandemia. Il prof. Bianchi da due anni elabora quotidianamente ‘i dati del contagio’. Il suo meticoloso lavoro è raccolto nel blog edito da questo sito.
***
Secondo i dati ufficiali della Protezione Civile, alla fine di giugno 2022 i decessi complessivi da Covid-19 erano pari in Italia a 168.353 e in Piemonte a 13.472. Con riferimento alla provincia di Alessandria i dati si fermano a marzo, quando le vittime erano 1.778; sulla base della dinamica dei contagi relativi tra regione e provincia e dei tassi di letalità osservati nell’ultimo periodo, possiamo stimare in 1.806 il numero dei decessi provinciali a fine giugno.
Si tratta di numeri davvero elevati, posto che essi implicano, sulla base della popolazione residente al 1° gennaio 2021, un tasso di mortalità pari a 284 persone per 100mila abitanti per l’Italia, 315 per il Piemonte e 441 per la provincia di Alessandria. Tenuto conto della durata del periodo pandemico complessivamente considerato (28 mesi), il tasso di mortalità medio annuo italiano sarebbe pari a 122, il che classificherebbe i decessi da Covid-19 come la terza causa di morte nel Paese, dopo le malattie del sistema circolatorio (tasso di mortalità pari a 368 nel 2019) e i tumori (297).
Una graduatoria analoga risulta valida anche per Piemonte e Alessandria, dove le corrispondenti cifre sono pari a 135 (Covid-19), 415 (malattie del sistema circolatorio) e 341 (tumori) per la regione e 189, 527 e 408 per la provincia. È appena il caso di ricordare che i decessi da influenza nel 2019 sono stati pari a circa 1 ogni 100mila abitanti, e quindi di un ordine di grandezza di oltre 100 volte inferiore a quello del Covid-19.
Non esiste consenso
Come è noto, sull’entità delle cifre appena illustrate non esiste consenso. In particolare certa stampa riduzionista, ma talvolta anche qualche membro della comunità medico-scientifica, ritiene che il numero di decessi dovuti all’epidemia sia decisamente inferiore, spesso facendo ricorso alla speciosa distinzione tra morti “con Covid” e “per Covid”.
Ad esempio un noto quotidiano nazionale, lo scorso 21 ottobre, male interpretando i dati del coevo rapporto settimanale dell’ISS, sosteneva che i decessi da Covid-19 fossero solo pari al 2,9% di quelli ufficialmente dichiarati dalla PC, e quindi nell’ordine delle migliaia, anziché delle centinaia di migliaia. In realtà ciò che il rapporto ISS sosteneva era che, in un campione ristretto esaminato di circa 7.900 persone decedute per Covid-19, solo il 2,9% risultava assente da altre patologie, mentre il resto era gravato da una o più patologie pregresse. L’interpretazione del quotidiano, poi ripresa dal popolo no-vax, era quindi completamente erronea, dato che persone con una o più patologie croniche avrebbero comunque continuato a vivere per anni se non avessero contratto la malattia.
Quelli ‘in eccesso’
Del resto che i numeri ufficiali sui decessi siano invece piuttosto sottostimati dovrebbe essere evidente a tutti se solo si pensa a quante vittime sono sfuggite alle rilevazioni della PC soprattutto nella prima ondata della malattia, in seguito al collasso del sistema socio-sanitario con carenza di test e mancata registrazione di decessi nelle abitazioni private e nelle RSA.
Al fine di ovviare ai limiti delle statistiche ufficiali e ottenere una descrizione più accurata della mortalità da Covid-19, la letteratura internazionale fa riferimento al concetto di “morti in eccesso”, definite come la differenza tra i decessi ufficiali risultanti dagli uffici anagrafe per qualunque causa e i decessi “attesi” nello stesso periodo sulla base dell’esperienza passata e delle dinamiche temporali della popolazione. A tale riguardo anche l’Istat pubblica ogni mese, a partire dal 2020, per tutti i 7.904 comuni italiani, i dati relativi ai decessi correnti a confronto con quelli medi del quinquennio 2015-19, utilizzati come termine di confronto.
Gli extradecessi sono quindi pari alla differenza tra le due serie, ed essi misurano la mortalità complessiva, diretta e indiretta, attribuibile alla pandemia, includendo anche i decessi per cause diverse dal Covid-19, ma attribuibili comunque al verificarsi del fenomeno pandemico, come ad esempio le morti dovute a patologie croniche, ischemiche o cancerogene che non si sono potute adeguatamente curare a causa del sovraccarico sperimentato dal sistema sanitario. Tali morti in eccesso possono poi essere confrontate con quelle ufficialmente rilevate dalla Protezione Civile al fine di verificare la possibile sottostima della mortalità effettiva. Occorre tuttavia specificare che la metodologia utilizzata dall’Istat per calcolare i decessi attesi soffre di un evidente pregiudizio statistico, in quanto non tiene conto dell’evoluzione temporale della popolazione dopo il 2019, ipotizzando quindi decessi attesi uguali a quelli medi del quinquennio 2015-19 in ogni mese del triennio 2020-2022.
Ma la popolazione…
In realtà in tale periodo la popolazione residente nel nostro Paese è continuamente diminuita: confrontando i dati relativi al 1° gennaio 2022 con la media di riferimento Istat, il calo è pari al 2,5% per l’Italia, al 3% per il Piemonte e addirittura al 4,5% per la provincia di Alessandria. In questa sede, dunque, per calcolare i decessi attesi ogni mese si è utilizzata la popolazione residente all’inizio di ciascun anno, applicando a quest’ultima i tassi di mortalità storici propri del quinquennio 2015-19.
Come risultato dell’esercizio svolto, gli extradecessi dovuti all’epidemia da Covid-19 nel periodo marzo 2020-giugno 2022 sono risultati pari a 217.356 con riferimento all’Italia, 19.660 per il Piemonte e 2.013 per la provincia di Alessandria, con tassi di mortalità complessivi (sempre in rapporto a 100mila residenti) rispettivamente uguali a 367, 460 e 492. Confrontando tali dati con quelli ufficiali della Protezione Civile si ottiene quindi una sottostima delle vittime pari al 29% per la media italiana, al 46% per la regione e solo al 12% per la provincia di Alessandria, peraltro con grosse differenze nelle diverse ondate pandemiche, come si dirà tra poco. È interessante infine osservare come il numero di extradecessi così quantificato è molto vicino a quello calcolato dal settimanale The Economist per l’Italia a fine giugno, pari a circa 216.200.
I dati dell’Istat permettono anche di effettuare un’analisi dell’evoluzione temporale dell’eccesso di mortalità conseguente all’epidemia e di effettuare confronti tra i tassi di mortalità di diverse aree territoriali. Nel grafico sottostante, ad esempio, si fa riferimento a dati mensili. Non deve stupire la presenza di alcuni valori negativi, dovuti al cosiddetto “effetto harvesting”, in base al quale le persone più fragili sono decedute anticipatamente nei picchi pandemici, per cui i decessi effettivi dei mesi successivi risultano minori di quelli attesi.
Dove sta la differenza
Come si può osservare, l’esperienza piemontese e quella alessandrina si differenziano nettamente da quella italiana, dato che la prima e seconda ondata pandemica hanno colpito più intensamente la nostra provincia e la nostra regione. In effetti Alessandria registra il più elevato tasso di mortalità a marzo 2020, con un valore pari a 123, due volte e mezzo quello italiano (49) e il doppio di quello piemontese, il quale denota un picco ad aprile 2020, con un valore pari a 61.
Anche nella seconda ondata pandemica, a novembre 2020 il tasso di mortalità alessandrino risulta il più elevato, con un valore non dissimile da quello di marzo, (113), appena superiore a quello del Piemonte (101), ma ancora pari a 2,4 volte quello medio italiano (47). Vi è concordanza, invece, tra i picchi di mortalità nella terza ondata, ad aprile 2021, con valori rispettivamente pari a 29, 22 e 21 per Piemonte, Italia e Alessandria, anche se in tale fase la mortalità italiana risulta superiore. Nell’ondata più recente, infine, i picchi di mortalità vengono registrati a dicembre 2021 per il Paese nel complesso e a gennaio 2022 per regione e provincia, con tassi per 100mila abitanti pari a circa 14, a dimostrazione evidente che la campagna vaccinale ha avuto un successo davvero straordinario, abbattendo la mortalità di picco addirittura di 9/10 in provincia e regione e di 8/10 nella media italiana.
Tale evidenza può essere meglio apprezzata nel grafico a istogrammi sotto riportato, nel quale i tassi di mortalità fanno riferimento alle ondate pandemiche sperimentate, secondo una classificazione temporale standard deducibile dalla legenda del grafico stesso.
Le varie ondate
Ancora una volta si osserva come la mortalità sia stata più elevata nella nostra provincia nella prima ondata, con un valore (242) pari a 1,6 volte quello piemontese (151) e 2,5 volte quello medio italiano (97). La regione e l’intero Paese registrano, nella seconda ondata, un tasso di mortalità superiore rispetto alla prima, anche se, ancora una volta, nonostante la sua riduzione, il valore provinciale è più alto (190 contro 184 e 110).
Nella terza e quarta ondata, invece, l’esperienza alessandrina appare più soddisfacente, con tassi di mortalità nettamente più bassi (21 e 31 nelle due fasi) sia in assoluto sia rispetto alla realtà regionale (66 e 57) e a quella nazionale (89 e 71). Vale la pena di osservare infine che l’evoluzione temporale degli extra-decessi rispecchia esattamente, pur con numeri diversi, quella dei decessi ufficiali riportati dalla Protezione Civile.
Effetto harvesting
In definitiva, il differente andamento della mortalità alessandrina sopra illustrato può essere spiegato con il fatto che la nostra provincia è stata colpita più precocemente e intensamente nelle prime fasi della pandemia, con un sistema socio-sanitario del tutto impreparato ad affrontarla e con una percentuale della popolazione anziana molto elevata (5,4 punti percentuali in più della media italiana e 2,5 di quella piemontese per gli over 60; 2,2 punti e 1 punto in più per gli over 80).
La minore incidenza successiva dei decessi può essere attribuita invece, oltre che al successo della campagna vaccinale, anche al già ricordato effetto harvesting, per cui i maggiori decessi iniziali hanno ridotto il numero delle persone più fragili e suscettibili di contrarre forme esiziali della malattia.