Legambiente: «La siccità non guarda in faccia neanche alla crisi di governo»
L'associazione nazionale ha firmato un appello che richiama diversi interventi
CASALE – Il circolo casalese di Legambiente si fa sentire per quanto riguarda la situazione siccità in Italia e, più precisamente, a Casale, con il focus centrato soprattutto sul Grande Fiume: «Cosa sarebbe Casale senza il Po e la vitalità che da sempre lo vede protagonista? Pensiamo a ‘Galleggia o non Galleggia’, alle soste all’imbarcadero, alle passeggiate lungo l’argine e al nostro recente ‘Big Jump’… È l’acqua l’elemento chiave, e l’acqua racconta e determina la nostra salute».
Quindi «Consapevole di ciò e in piena crisi idrica, la nostra associazione nazionale ha firmato un appello con alcune delle principali associazioni impegnate nella tutela e nella valorizzazione del paesaggio: Cipra Italia, Cirf, Club Alpino Italiano, Cai, Federazione Nazionale Pro Natura, Free Rivers Italia, Lipu, Mountain Wilderness e Wwf Italia».
L’appello reclama interventi non emergenziali ma strutturali e rigorosi: «La grave crisi idrica in corso è da inquadrare nella epocale crisi climatica ed ecologica in atto e come tale va approcciata in modo strutturale, affrontando le cause e non correndo dietro ai sintomi. La preoccupazione per la siccità e l’indisponibilità di acqua infatti sopravvivrà alle attese piogge e al respiro di sollievo che queste porteranno (se non avranno il carattere violento che abbiamo imparato a conoscere negli ultimi anni), per questo non dobbiamo rinviare l’attuazione di piani ordinari per l’acqua illudendoci che, appunto, passata l’emergenza estiva, cessi la precarietà del sistema di approvvigionamento idrico. È del tutto evidente che la crisi climatica e la siccità non guardano in faccia a nessuno, neanche alla crisi del governo, neanche alla crisi economica… a niente! Non spaventiamoci ma non giriamo nemmeno lo sguardo altrove».
Quindi le azioni che, oltre all’uso consapevole casalingo dell’acqua, ognuno può attuare: «La prima azione necessaria è ricostituire una regia unica, da parte delle Autorità di bacino distrettuale, attualmente marginalizzate, per costruire protocolli di raccolta dati e modelli logico/previsionali che permettano di conoscere il sistema delle disponibilità, dei consumi reali, della domanda potenziale e definire degli aggiornati bilanci idrici.
In secondo luogo, gli invasi: crearne di nuovi? No, perché questi non sono la risposta adeguata, non per ragioni ‘ideologiche’, ma perché sono una soluzione che ha molte controindicazioni. Occorre infatti mettere in campo una strategia nazionale integrata e a livello di bacini idrografici, allargando e ampliando il ventaglio delle soluzioni tecniche praticabili, attraverso la realizzazione di nuove e moderne pratiche e misure per ridurre la domanda di acqua ed evitarne gli sprechi. Il risparmio negli usi civili attraverso la riduzione delle perdite e dei consumi rientra in questa politica, e lo stesso vale per gli usi agricoli, dove è necessario rivedere drasticamente gli interventi del Piano Strategico della Pac, per renderli capaci di orientare le scelte degli agricoltori verso colture e sistemi agroalimentari meno idroesigenti e metodi irrigui più efficienti.
In terzo luogo, pensiamo ai cambiamenti climatici e rendiamoci conto che è necessario andare oltre una visione novecentesca e meccanicistica del Capitale Naturale, per arrivare a riconoscere l’importanza e l’utilità della funzionalità degli ecosistemi a partire da una maggiore attenzione alle falde. Infatti, il luogo migliore dove stoccare l’acqua è la falda, ogni qual volta ce n’è una… Cosa manca però? Qual è l’ostacolo? È presto detto: l’ostacolo principale all’infiltrazione delle piogge nel suolo è costituito da quel poderoso e capillare insieme di interventi umani messi in atto da secoli ed esasperati nei decenni scorsi, tanto da essere considerati simboli di civiltà e progresso: cementificazione, aggressione dei corsi d’acqua e saccheggio delle risorse idriche senza alcuna compensazione. Per questo è fondamentale ripristinare tutte quelle pratiche che permettano di trattenere il più possibile l’acqua sul territorio e favorire azioni di riscoperta della funzionalità ecologica del territorio e dei servizi ecosistemici.
Al contempo, ed è il quarto punto, occorre promuovere il riuso in ambito irriguo delle acque reflue. Alla luce di ciò, si ribadisce che le procedure straordinarie devono limitarsi al dare priorità agli usi civili indispensabili e alla tutela ambientale: quali colture salvare, fino a che punto e con che criteri indennizzare chi subisce danni dalla siccità… Ma per il resto abbiamo bisogno di una pianificazione ‘ordinaria’ che favorisca l’adattamento ai cambiamenti climatici. Naturalmente servono risorse economiche che – per essere gestite nell’interesse della collettività – richiedono esattamente quello che auspichiamo con questo appello: piani ordinari seri e di lungo periodo».