Diocesi e mondo dell'informazione in lacrime: è morto don Paolo Busto
Poche settimane fa aveva lasciato per motivi di salute la direzione de La Vita Casalese
Parole dello storico e saggista Sergio Favretto
CASALE – All’indomani delle esequie di don Paolo Busto, storico direttore del settimanale diocesano La Vita Casalese, lo storico e Saggista monferrino Sergio Favretto ci offre questa riflessione.
Diocesi e mondo dell'informazione in lacrime: è morto don Paolo Busto
Poche settimane fa aveva lasciato per motivi di salute la direzione de La Vita Casalese
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Mi è stato chiesto dai famigliari di proporvi un ricordo di don Paolo.
Quando un amico ci lascia, molto spesso si corre il rischio di celebrarlo. Don Paolo non lo avrebbe voluto, ecco perchè allora intendo in questo momento condividere con tutti voi solo alcuni tratti della sua persona.
Molti di noi lo hanno conosciuto: chi per poco tempo e chi per lungo tempo, chi con intensità e chi solo per una parentesi. Sono certo che tutti vi troverete con questo mio pensiero.
Don Paolo fu un intelligente interprete del nostro tempo, fu sempre contemporaneo. La sua preparazione culturale, sempre alimentata da letture e elaborazione di autonomo pensiero, si sposò sempre con una sana curiosità per il nuovo, per il divenire delle persone e delle cose, dei fatti piccoli e grandi. Osservava molto il presente, lo interpretava con i canoni dell’oggettività e del buon senso, come sempre – diceva – gli avevano insegnato i genitori.
Per un prete, per un giornalista sarebbe stato più semplice assistere al presente, vederlo compiersi e poi narrarlo, commentarlo.
Don Paolo cercò sempre di capire il nuovo, di cogliere gli aspetti positivi e quelli problematici.
Ciò avvenne nel mondo ecclesiale con i fermenti post conciliari, nelle molteplici forme di cattolicesimo democratico; avvenne nel mondo della scuola che visse come studente e poi come insegnante, nel mondo politico con l’affacciarsi dei nuovi movimenti nazionali dei quali cercava di cogliere rischi e vantaggi; nel mondo amministrativo locale, con le tensioni ideali di alcuni e pure le delusioni per altri. I giovani, la cultura, l’ambiente nelle varie declinazioni di oggi; l’informazione con l’arrivo impetuoso delle nuove tecnologie: a don Paolo nulla sfuggiva e tutto diveniva oggetto di riflessione. Bandiva la tuttologia e la superficialità, l’incompetenza camuffata, voleva conoscere e capire. Aveva una forte capacità di ascolto degli altri. Ricordo quante telefonate o messaggi mi inviava per confrontarsi, per mettere a fuoco un pensiero o un fondo della Vita Casalese, per decidere una scelta. Il dialogo avveniva sempre sul nuovo, sul presente, con tanta voglia di capire.
Don Paolo fu anche e soprattutto un testimone impegnato del nostro tempo. Come accade per troppi italiani, è più facile assistere passivi al divenire delle cose che cimentarsi e contribuire al loro sviluppo. Paolo, invece, entrò dentro alle vicende umane, di fede, pubbliche, sociali, culturali. Si sporcò le mani con il fare, non assistette soltanto. Dalle pagine del suo giornale, nelle opere quotidiane di autentico volontariato e di aiuto a chi meno ha, seppe dare concretezza.
Sulla vicenda dell’amianto e del processo Eternit, sulle varie e ricorrenti crisi aziendali con i riflessi sindacali, sulle difficoltà della nostra Asl, sull’emergenza COVID nelle RSA, sul rischio dell’isolamento degli anziani nel Monferrato, sul declino economico e sociale delle aree periferiche, don Paolo prese sempre netta posizione a difesa della gente e dei casalesi, con coraggio, spronando i decisori pubblici.
Con la Vita Casalese segnalò la priorità dei servizi diretti ai cittadini, dalla scuola alle varie utenze fondamentali, richiese più volte efficienza nell’offerta sanitaria. Si impegnò nel volontariato, nella Caritas; a titolo personale, aiutò famiglie a risollevarsi da momenti critici, giovani coppie a trovare approdi più sicuri nella vita. fu parroco e prete sociale. Si, lo chiamerei proprio prete sociale, come don Milani, don Palena, don Piccio, don Gavazza, don Grossetti. Cercava le persone, cercava il pensiero vero e l’animo di ciascuno, e poi solo dopo le strutture e le consuetudini.
E’ sufficiente scorrere a ritroso alcuni numeri del suo giornale per imbattersi in articoli di grande effetto e sollecitazione culturale. Credeva in un giornalismo non solo fatto di notizie, ma anche di argomenti e opinioni a confronto. Era un convinto europeista, sostenitore della figura di Sassoli; ospitò nella Vita Casalese molte riflessioni sul necessario nuovo europeismo rafforzato. Per la vita amministrativa e politica della città, spronò sempre i giovani all’impegno diretto, pensò anche ad una scuola prepolitica e realizzò vari momenti di confronto fra più voci.
Da prete, da cittadino si preoccupò sempre di riproporre i temi della Resistenza, della Costituzione Italiana, della pace, della solidarietà, dell’accoglienza verso l’immigrazione tragica di questi anni.
Prete, giornalista e cittadino presente.
Se oggi potesse parlare, ci direbbe: “…ricordatemi come sono stato, un amico che vi ha accompagnato per un tratto di strada…”.
Grazie don Paolo