‘Ghiaia Grande’ entra a far parte della Foresta condivisa del Po
La zona fra Pontestura e Camino ceduta da Allara
PONTESTURA – Al centro di Ghiaia Grande c’è una quercia maestosa, un metro di diametro e venti di altezza, la sua chioma è perfetta e armoniosa, come lo sono quelle degli alberi sani e liberi di distendere i loro rami. Tutto intorno acqua, quella di una collana di piccoli laghi e, appena oltre, sullo sfondo, i boschi.
Gli ettari di questa rinnovata risorsa naturale sono ben cinquanta, un territorio che fa parte dei comuni di Pontestura e di Camino, nel Parco naturale del Po piemontese: la proprietà, passata dalla Allara Spa all’Ente di gestione delle Aree protette del Po piemontese farà quindi parte della Foresta condivisa del po piemontese.
La cessione dei terreni è l’epilogo di un processo di messa in valore dell’ambiente avvenuto in un lasso di tempo durato 15 anni e compiuto attraverso un progetto innovativo di estrazione di sabbia e di ghiaia, frutto della decisione lungimirante di attivare una cava ex novo orientandola verso il rinnovamento dell’ambiente naturale e di ripristino dell’equilibrio idrogeologico del territorio.
L’operazione può essere descritta come ‘Win Win’ dato che sono tutti vincitori: l’agricoltore che vendette i suoi terreni alla società estrattiva, l’azienda stessa che ne ricavò utili, il pubblico e la collettività che avranno benefici negli anni a venire.
Ciascuno ha vantaggi di ritorno che per quanto riguarda la comunità sono decisivi, sia dal punto di vista dei servizi ecosistemici sia sotto il profilo geomorfologico e idraulico, in quanto un intervento di questo genere contribuisce a mitigare gli effetti delle esondazioni senza costi a carico della pubblica amministrazione. L’area infatti si trova nella golena del fiume Po, dove durante gli eventi di piena si riversano grandi volumi d’acqua: sui terreni restituiti alla natura il fiume è libero di esondare senza creare problemi e danni a edifici e a produzioni agricole.
Fino alla metà del secolo scorso era una grande isola in mezzo al Po ma successivamente fu collegata artificialmente alla sponda sinistra: a questo scopo venne collocata una grande quantità di blocchi in cemento a chiusura dell’imbocco di quello che era diventato prima un braccio secondario del fiume, poi una lanca alimentata solo più dalla falda freatica; in quel modo fu parzialmente trasformata in zona agricola, appunto con grossi problemi di resa.
Con la rinaturalizzazione è stato ricostruito un importante bacino di biodiversità, riportando equilibrio tra gli elementi naturali e ridimensionando anche la criticità dovuta alla presenza dei cinghiali. Sono state messe a dimora migliaia di piante autoctone, tipiche della fascia fluviale; i salici arbustivi, per esempio, trattengono il terreno con le loro radici, sono flessibili e non rischiano di essere trascinati via dalla corrente, facendo da filtro naturale all’acqua.
La maggior parte dei nuovi specchi d’acqua alimentati dalla falda ha acque basse, profonde due o tre metri, condizione ideale per la vita di moltissime specie. Importantissimi per gli uccelli sono diventati un’area di rifugio per lo svernamento; in alcuni anni si ritrovano lì anche 2 o 3 mila uccelli di diverse specie, prevalentemente anatidi, come l’alzavola, il germano reale, il mestolone, il fischione.