L’Albarossa è il vitigno del futuro? “Potenzialità davvero notevoli”
Dagli anni '90 nell'Acquese è iniziata la riscoperta di questo tipo di uva
ACQUI TERME – Un vino di cui dal dopoguerra agli anni ’90 si erano perse le tracce. Ora grazie a un gruppo di viticoltori pionieri sta diventando un prodotto sempre più apprezzato e conosciuto. L’Albarossa è un vitigno nato nel 1938 dalla fusione tra Barbera e Nebbiolo di Dronero, «dalla bacca piccola e spessa – spiega Andrea Costa della cantina Marenco Vini – con un potenziale d’invecchiamento notevole. Il suo mercato è ancora limitato, ma gli estimatori sono sempre più numerosi».
Il club dei pionieri
È nel 2015 che le cantine Marenco, Banfi, Bava, Chiarlo e Castello di Neive uniscono le forze per iniziare un percorso di confronto e promozione del vitigno, fino ad arrivare a costituire ufficialmente l’Albarossa Club. «Ci siamo posti l’obiettivo di puntare esclusivamente sul territorio, in particolare acquese e astigiano, coinvolgendo i ristoratori e proponendo loro un mese di assaggi. Dopo la nostra affiliazione al Consorzio Barbera d’Asti il numero dei nostri soci è poi salito a 25». Dopo un primo (e positivo) approccio nel torinese all’inizio di quest’anno, è nata l’idea di organizzare il primo Albarossa Festival, che ha avuto luogo a Cavatore il 14 e 15 maggio. Il comune di Cavatore non è stato scelto a caso, «perché è proprio lì, infatti, che in occasione del festival è stato inaugurato il Caveau dell’Albarossa, che ha sede a Casa Felicita, un edificio medievale recentemente ristrutturato». In base a quanto previsto dal regolamento interno, ogni produttore del pregiato rosso iscritto al
Club è tenuto a consegnare dalle 6 alle 12 bottiglie di ogni annata. «Il Caveau è gestito da Gaia Ivaldi, figlia del noto ristoratore Fausto, e da Alessio Lo Sardo, direttore dell’Enoteca regionale di Acqui, i quali possono prelevare le bottiglie da far degustare ai clienti».
Da Bistagno a Carpeneto
La produzione di Albarossa si concentra tra Acquese, Albese e Langhe astigiane. Nell’A cquese in particolare, alla Tenuta Cannona di Carpeneto e nel comune di Bistagno, negli anni ’90 sono stati avviati i primi studi del vitigno Albarossa. «Al momento parliamo di circa 400mila bottiglie l’anno, ma le aziende che ne avviano la coltivazione sono in crescita. Il prodotto, d’altronde, sta raccogliendo consensi unanimi»