Operazione antimafia, coinvolto l’Alessandrino
Eseguite misure cautelari in carcere
L'inchiesta dovrà definire i ruoli delle persone coinvolte
TORTONA – La Polizia di Stato e i Carabinieri di Palermo hanno eseguito una misura cautelare nei confronti di 31 indagati accusati a vario titolo di associazione di tipo mafioso, detenzione e produzione di stupefacenti, detenzione di armi, favoreggiamento personale ed estorsione con l’aggravante del metodo mafioso.
Per 29 è scattato il carcere e due sono finiti agli arresti domiciliari. Le indagini sono state coordinate dalla Dda.
L’inchiesta ha permesso di fare luce sull’organigramma delle famiglie mafiose dei mandamenti di Ciaculli e Brancaccio, che comprende clan come Corso dei Mille e Roccella.
La nostra provincia è coinvolta in quest’operazione che parte da lontano, nello specifico la città interessata da uno dei provvedimenti è Tortona. Si è trattato di un’esecuzione provvedimento rocambolesca perché quando la Polizia – in borghese – ha suonato il campanello della sua abitazione l’uomo a cui era indirizzato (Antonino Mulè, 41 anni) non ha aperto la porta. Sul posto sono così arrivati anche i Carabinieri che hanno supportato l’azione.
Non è ancora chiaro come l’uomo sia coinvolto nell’indagine.
I dettagli dell’operazione sono stati resi noti questa mattina a Palermo. Gli inquirenti sottolineano la presunzione di innocenza di tutte le persone coinvolte nell’inchiesta.
Le misure cautelari dalla scorsa notte sono state eseguite a Palermo, Reggio Calabria, Alessandria e Genova.
In particolare le indagini che hanno fatto luce sui nuovi vertici del clan di Brancaccio hanno accertato che, dopo un blitz condotto nel 2019, le famiglie mafiose hanno cercato di riorganizzarsi – come scrive l’Ansa. Sono così stati identificati capi, gregari e “soldati,” affiliati a cosa nostra che avrebbero messo a segno decine di estorsioni, commesse a numerosissimi commercianti e imprenditori e avrebbero gestito le piazze di spaccio sparse sul territorio di Brancaccio.
Parte dei soldi messi insieme da queste attività sarebbero stati utilizzati per mantenere le famiglie dei carcerati.
Nell’ordinanza vengono ricostruite e documentate 50 estorsioni ai danni di titolari di esercizi commerciali: dal piccolo ambulante abusivo fino all’operatore della grande distribuzione. Il pizzo veniva imposto a tutti gli operatori economici.
L’estorsione non ha risparmiato neppure un venditore di sfincione (focaccia tipica a Palermo ndr), il quale, dopo aver trovato i lucchetti bloccati dall’attak si è rivolto ad uno degli indagati per la “messa a posto”.
Operazione antimafia, coinvolto l’Alessandrino
Eseguite misure cautelari in carcere
Anche un imprenditore edile si è rivolto alla famiglia di Brancaccio per poter costruire appartamenti senza problemi.
Aveva intenzione di acquistare un terreno e ancora prima, come emerge in una conversazione registrata dalla polizia, avrebbe
chiesto la protezione alla famiglia mafiosa per non incorrere in furti, rapine o danneggiamenti.
I sopralluoghi degli uomini del racket e la richiesta di pizzo sarebbero avvenuti anche nei cantieri in prossimità di un
commissariato di polizia.
L’agguerrita compagine criminale, per il tramite dei suoi collaboratori, si sarebbe dunque occupata dell’imposizione delle cosiddette sensalerie sulle compravendite di immobili ricadenti sotto l’area di influenza, commettendo vere e proprie condotte estorsive in danno di quei cittadini che, per concludere affari immobiliari, si sono visti costretti ad accettate l’opera di mediazione degli indagati.
Altro settore illecito è quello della coltivazione di piantagioni di cannabis-sativa, da cui veniva ricavato lo stupefacente destinato alle piazze di spaccio del capoluogo.