Radio Londra, in cerca dell’informazione libera
Fin dalla mia infanzia ho sentito raccontare ciò che mia nonna, dalla Colla, ascoltava su Radio Londra mentre provava a reperire, con qualche difficoltà e non senza rischi, notizie ed informazioni che le consentissero di capire meglio l’andamento della guerra al di là della propaganda e della censura di cui erano costituite le comunicazioni ufficiali in Italia. Forse anche grazie a questi ricordi, la nostra generazione è in grado di apprezzare un’informazione libera e plurale e riconoscere la brutalità di chi tenta di sopprimerla. E forse anche per questo, abbiamo saputo comprendere in queste ultime settimane il valore della Rete, pur con tutti i suoi limiti.
Dopo settimane di guerra, risulta incredibile contemplare la possibilità che nel futuro Internet possa essere divisa in due con un Paese, grande e vicino come la Russia, che possa connettersi non al Web, ma a RuNet, una sorta di grande Intranet, che è oggetto di sviluppo da parte delle istituzioni locali fin dal 2019.
Anche se non sarà così però siamo consapevoli di quanto vi sia un “fronte digitale” del conflitto: la guerra è sempre stata condotta anche attraverso la propaganda ed i social media ne rappresentano un ulteriore campo di applicazione, vasto e granulare. Di tutto ciò che è accaduto colpisce forse ancora di più però la sospensione da parte di Google Maps, in Ucraina, della funzionalità “traffico in tempo reale”. Utile a noi per scansare il traffico in tangenziale, pericolosa in quel contesto per la sicurezza dei cittadini.
Il conflitto in Ucraina ha visto emergere, per così dire, anche un “fronte digitale” determinato dalle scelte del governo russo e dalle relative decisioni da parte delle piattaforme digitali. Meta e Google hanno inizialmente impedito che i canali pubblici russi RT e Sputnik veicolassero le proprie informazioni sulle loro piattaforme e monetizzassero il traffico dei propri siti grazie alle soluzioni pubblicitarie disponibili. In seguito, Facebook, Twitter e Instagram sono stati oscurati in Russia e molti operatori, come Amazon, hanno sospeso la propria operatività in quel Paese.
Anche se RuNet non è ancora l’unico network nell’ambito del quale è possibile navigare in Russia, i media digitali più diffusi in quel Paese sono operatori locali, dal motore di ricerca Yandex al social network VK, dai marketplace Ozon e Wildberries all’instant messenger Telegram. Occorrerà comprendere se tali aziende, in qualche caso quotate, resisteranno agli effetti della crisi economica e finanziaria che di certo le toccherà oppure se sapranno costituire l’ossatura di un’economia digitale separata in Russia. In questo secondo caso, terminati il conflitto e ridotte le sanzioni, sarà ovviamente necessario per le imprese italiane capire come esservi presenti in modo sostenibile.
Pe il momento, anche i software VPN, il cui download è esploso nei primi giorni in Russia per aggirare il blocco dei social media, sono pian piano oggetto di sospensione.
Il mondo è negli ultimi anni diventato più piccolo non solo per via della globalizzazione e delle migrazioni, ma grazie alla velocità e alla pervasività con cui le informazioni sono trasmesse online. Le capacità di comunicazione del Presidente ucraino ed addirittura i meme che il governo di questo Paese ha inteso adottare per accrescere l’efficacia della sua attività sui social media sono un ulteriore fattore di differenziazione rispetto a contemporanei conflitti, come quello in Yemen, in cui la copertura mediatica è enormemente inferiore.