VI Report IPCC – WG3: mitigazione dei cambiamenti climatici
Iniziamo questo nuovo articolo con una citazione. Le parole giungono dal Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, e sono state pronunciate alla presentazione della terza e ultima parte del VI Report IPCC: “Spesso si descrivono gli attivisti per il clima come degli estremisti pericolosi, ma i veri estremisti pericolosi sono i Paesi che aumentano l’estrazione dei combustibili fossili”.
Queste parole inorgogliscono noi attivisti, ma allo stesso tempo svelano quella che è ancora oggi parte della strategia negazionista: additare gli attivisti come “cassandre”, profeti di sventura, radical chic e quant’altro, per mantenere il più a lungo possibile intatto il famoso “business as usual” legato all’utilizzo dei combustibili fossili che sta per giungere al capolinea.
La parte conclusiva del VI report dell’IPCC appena pubblicata, in questi giorni in cui il dramma della guerra in Ukraina domina la scena mainstream, è passata pressochè inosservata. Questa è la motivazione che sta alla base di questo articolo.
È di fondamentale importanza conoscere i contenuti essenziali, in quanto costituiscono (forse) l’ultimo appello degli scienziati che possiamo cogliere per salvarci dalla catastrofe climatica. Proprio gli scienziati pochi giorni fa hanno cercato di catturare l’attenzione dell’opinione pubblica (e chiaramente dei decisori politici) non attraverso conferenze stampa, o pubblicazioni su riviste. Bensì incatenandosi ai cancelli di famosi atenei, istituti bancari, sedi di società di finanziamento. Il motivo? Farsi ascoltare.
Dunque, quali sono i concetti chiave del rapporto sulla mitigazione dei cambiamenti climatici?
Il primo: le soluzioni esistono! Non si tratta più di qualcosa che riguardi il futuro, ma le innovazioni, le tecnologie, gli strumenti per mettere in pratica ciò che si è imparato negli ultimi 30 anni le conosciamo, sono efficaci e si possono mettere in pratica ora. Le energie rinnovabili, il cui prezzo è calato fino all’85% (vedere grafico sottostante esplicativo) e sono diventate più economiche dei combustibili fossili. Anche il problema legato allo stoccaggio dell’energia prodotta da eolico e solare, per mezzo delle batterie, risulta almeno in parte risolto, in quanto la tecnologia ha fatto passi da gigante portando il costo a ridursi della metà.
Secondo: la crisi climatica è globale, non lascia indietro nessuno, ma purtroppo non in senso positivo. Nessuno può considerarsi “al riparo” dalle conseguenze estreme del riscaldamento globale e tutti verremo colpiti indistintamente. I MAPA (Most Affected People and Areas) già stanno soffrendo particolarmente effetti come carestie, siccità prolungate o alluvioni più frequenti, a causa della crisi climatica, pur avendo contribuito in minima parte in termini di emissioni di CO2 in atmosfera.
Terzo: sappiamo tutto. Sappiamo fino a quando possiamo sostenere questa situazione (che ormai è insostenibile), in termini di budget di carbonio e di tempo entro cui le emissioni dovranno tassativamente iniziare a ridursi, vale a dire entro il 2025, anno in cui è previsto il raggiungimento del picco delle emissioni. Dobbiamo vedere questo come un privilegio, in quanto sapere che c’è una data di scadenza fornisce anche la possibilità di pianificare la gestione adeguata di ciò che è necessario fare.
Nel mese di marzo 2022, a livello mondiale, si è raggiunta l’installazione di 1 TeraWatt di fotovoltaico (cioè 1000 GigaWatt), un risultato importante, che dovrebbe spronare Paesi come l’Italia ad accelerare i tempi della transizione ecologica (il target europeo per il 2030 si è alzato proprio ad 1 TW). Ricordiamo che già nel 2014 la % nel mix energetico italiano, la componente da fonti rinnovabili era del 38% (oggi 40%). Dunque i fatti ci dicono che ci siamo sostanzialmente fermati. Per via principalmente delle autorizzazioni che non arrivano, non per i costi. E il report IPCC ci dice invece che dobbiamo correre.
Il ruolo degli attivisti è dunque di fondamentale importanza, per diffondere questa consapevolezza ed esercitare una pressione adeguata sui decisori politici, affinché si metta finalmente in atto una transizione ecologica giusta e si eviti che diventi caotica e inefficace. I risvolti positivi della decarbonizzazione si andrebbero a concretizzare non solo sul clima, ma anche sulla qualità di aria, acqua e suoli, dunque sulla salute delle persone e degli ecosistemi, e sulla resilienza individuale e sociale di fronte all’esaurimento delle risorse fossili che peraltro (a differenza di una nuova generazione energetica rinnovabile e diffusa) comportano attriti geopolitici e conflitti internazionali, come l’attualità di queste settimane ci ha ricordato.