Fumata nera tra Pater e i sindacati: “L’azienda non vuole trattare”
"Il nostro piano ridurrebbe i costi di oltre il 40%, ma proprietà mai entrata nel merito"
ALESSANDRIA – Ogni tentativo di far tornare Alessandro Pater sui suoi passi è risultato vano. L’incontro di questa mattina in Confindustria tra la proprietà di Terme di Acqui Spa (per lo più in collegamento online) e i referenti provinciali di FilCams Cgil, Fisascat Cisl e Uil UilTucs si è chiuso con il “no” da parte dell’imprenditore genovese al ritiro della procedura di licenziamento collettivo per 25 dei 28 dipendenti degli stabilimenti termali.
Il piano presentato dai sindacati
Dalle parole dei segretari Stefano Isgrò, Tonio Anselmo e Maura Settimo traspare evidente amarezza: «Come FilCams, Fisascat e UilTucs abbiamo lavorato nei giorni scorsi per addivenire a una proposta di contenuti, concreta e dettagliata che, se messa in atto, vedrebbe una abbattimento dei costi che va ben oltre quelli derivanti dalla trasformazione dei contratti dei dipendenti». Questa, nel dettaglio, la proposta che i tre segretari hanno presentato ad Alessandro Pater e alla dirigenza delle Terme: «A fronte di un periodo di lavoro di complessivi 7 mesi su 12 – spiegano i sindacati – si sono portati dati relativi ad un abbattimento e ridistribuzione delle ore di lavoro ben oltre il 40%. Questo è possibile con l’utilizzo della banca ore, l’orario multiperiodale e strumenti di flessibilità utili per coprire i picchi di lavoro e i momenti di chiusura. I dati a nostra disposizione hanno consentito di fare una valutazione del numero delle ore lavorabili e delle attuali esigenze aziendali». Tra i punti della piano organizzativo presentato da FilCams, Fisascat e UilTucs anche «un percorso di formazione per i dipendenti che potrebbero essere interscambiabili in talune mansioni garantendo così il lavoro per tutti». Misure che a detta dei segretari provinciali, «affiancate dall’utilizzo di un ammortizzatore sociale (il Fondi di Integrazione Salariale) per traghettare il periodo di emergenza, sono risultati efficaci in diversi contesti superando i periodi di crisi, sia a livello locale che nazionale».
Proposte che non sono servite ad “ammorbidire” la presa di posizione di Alessandro Pater, «che nei fatti ha sminuito il piano sindacale. In oltre due ore di trattativa l’azienda non è mai entrata nel merito dei punti da noi individuati, rimanendo di fatto ferma su una sola e unica posizione: la chiusura. Si sono resi vani tutti i tentativi di trovare una soluzione condivisa». A quanto riferiscono Isgrò, Anselmo e la Settimo, anzi, nel corso dell’incontro Pater avrebbe dichiarato più volte che «per l’azienda a questo punto è più conveniente chiudere anziché aprire, indipendentemente da ogni alternativa. Mai, nell’arco della trattativa, la società ha accennato a piani di prospettiva, investimenti per il rilancio a medio termine».
“Non c’è la volontà di trattare”
I sindacati non ci stanno e insistono: «A fronte di un numero di dipendenti che varia da 25 a 40/45 nei periodo di maggior lavoro, l’utilizzo della flessibilità è evidentemente la soluzione. Se questo non è stato compreso dalla proprietà, dagli avvocati e dalla stessa Confindustria riteniamo che ci sia o una mancanza di volontà di proseguire nella attività (e quindi una chiusura definitiva) o una mancanza di strumenti tecnici che consentono di valorizzare quanto abbiamo esposto».
A chiusura dell’incontro i rappresentanti di Confindustria hanno dichiarato «che la discussione riprenderà al tavolo della Regione, di fatto chiudendo ogni altra possibilità di incontro a livello locale. Noi – concludono i segretari sindacali – auspichiamo ancora un cambio di rotta che possa portare ad una soluzione nei prossimi incontri».