Occupazione in calo già da tempo. Edilizia e industria in picchiata
La forza lavoro è diminuita progressivamente fino al 25%, il Covid ha accentuato la picchiata. In tutto il Nord Ovest si è tagliato sul personale
Qual è il settore produttivo che va meglio in questo periodo di crisi generalizzata, in cui l’occupazione in Piemonte è tornata ai livelli del 2008 per effetto della pandemia (anche se la discesa era incominciata prima)?
Ce lo spiega Giovanni Facco (de Il Comunicatore Italiano) che ha elaborato alcuni indicatori per capire meglio. Il Piemonte nel 2019 ha perso 32 mila unità sul 2008 a cui si aggiungono ulteriori -51 mila nel 2020 (complessivamente ha perso 83 mila lavoratori, il 4,5%). «Una crisi in parte strutturale sulla quale si è inserita la pandemia», commenta, rimarcando però che anche le regioni vicine (Soprattutto la Liguria) hanno accusato il colpo.
Settore merceologico
L’industria è quello che maggiormente ha perso occupazione: il Nord Ovest nel 2008 occupava 2,3 milioni di persone, 2,1 milioni nel 2019, 2 milioni nel 2020. Una perdita del -9% (complessivamente 195 mila unità e di queste, circa 24 mila nel periodo pandemico). Il Piemonte nel 2008 occupava 627 mila unità, 567 mila nel 2019, 565 mila nel 2020. Perdita netta del 10 per cento (62 mila unità e di queste 2 mila durante le chiusure forzate).
Quello delle costruzioni, è il settore che nel periodo ha subito una profonda crisi, con un calo occupazionale intorno al 25%, complessivamente sono ‘sparite’ circa 150 mila unità. Il terziario (dal commercio alla ristorazione) nel 2019 occupava oltre 4,7 milioni di unità, contro 4,4 milioni del 2008; complessivamente quindi una crescita occupazionale di 340 mila unità. Nel 2020 l’effetto pandemia è costato una caduta occupazionale di -123 mila unità sul 2019. Saldo occupazionale positivo quindi di circa 217 mila unità. Il Piemonte nel 2019 occupava 1,198 milioni di unità contro il 1,169 milioni di unità del 2008, saldo di +29 mila unità); nel 2020 si ritorna ad un livello inferiore a quello del 2008, l’effetto pandemia annulla circa 46 mila posti di lavoro.
Stabile il rapporto tra maschi e femmine che oscilla tra il 54-57% per gli uomini e tra il 46-43%. Le differenze tra province non si discostano dai valori dai valori regionali.
La struttura professionale degli impiegati e dipendenti tra il 2012 e il 2017 rimane nella media: gli operai rappresentano il 52%, gli impiegati il 37%, i quadri il 5% e i dirigenti l’1%.