La differenza fra complicato e complesso
In un’intervista a Che Tempo Che fa, Daniel Barenboim, uno dei più famosi pianisti e direttori d’orchestra del mondo, riferendosi all’opera musicale, ha proposto la seguente differenza: “Complesso è un miscuglio, un insieme di cose che possono essere anche molto semplici, ma che insieme generano qualcosa di nuovo e completamente diverso, da cui a volte non sai cosa aspettarti. Complicato è qualcosa di macchinoso e che non possiede nessuna logica interna”. Per chi è meno avvezzo alla musica e più attento allo sport, il calcio è di certo complesso, non complicato. Il bowling, almeno per me, è complicato, ma forse solo perché non ho trascorso un numero sufficiente di serate dalle parti di via Casalbagliano.
Anche se li usiamo come se fossero sinonimi, questi due termini hanno origini e significati differenti. “Complesso” deriva da un termine latino che potremmo tradurre con “intrecciato, tessuto insieme” e identifica un problema ricco di variabili e che pertanto non presenta un’unica soluzione, ma necessita di essere considerato globalmente, analizzando tutti gli elementi che lo compongono e le loro interazioni. L’amore, ça va sans dire, è complesso. Complicata è invece la situazione “piegata, avvolta su se stessa”, come quella che viviamo quando abbiamo di fronte un questionario amministrativo lungo e difficile a compilarsi. Sbaglierò, ma, dai miei ricordi di liceale, una versione di latino è complicata, una di greco è complessa.
Non tutte le organizzazioni e le aziende possono e debbono porsi il compito di allestire una community online mentre per chiunque è possibile considerare l’apertura e la gestione di un profilo social. Su entrambi i fronti però le diverse piattaforme offrono soluzioni adeguate per ridurre i costi tecnologici e quindi le soglie di accesso per considerarle.
I Gruppi Facebook ad esempio sono ambienti eccellenti per sviluppare una community online potendo godere dell’integrazione con un ambiente diffuso e conosciuto come Facebook e nello stesso tempo non rendendo necessaria l’amicizia fra i membri per permetterne la partecipazione. Molteplici ed animatissimi sono i Gruppi su Facebook delle nostre città, ricche di conversazioni di informazione e aiuto reciproco.
Sul piano professionale però, il community manager ha compito molto diversi dal social media manager per gli obiettivi di animazione e organizzazione del contesto a cui è chiamato e per il maggior focus che gli è richiesto per il coinvolgimento dei partecipanti. Da questo punto di vista, lo sviluppo di una community deve partire dall’idea che non tutti gli utenti sono uguali, ma occorre valorizzarne le specificità grazie ad una classificazione che di massima potrebbe vederli come:
- semplici lettori (o “lurkers“);
- utenti che commentano;
- utenti che condividono;
- utenti che creano contenuti originali;
- utenti che realizzano contenuti a partire dalla curatela delle conversazioni che si sono prodotte online.
Il ruolo del community manager – un vigile urbano, ma anche un regista delle operazioni – deve pertanto sapientemente svolgere i seguenti compiti:
- gestire la fruizione sincrona e asincrona delle conversazioni presidiandole e rinfocolandole se serve, rendendo disponibili materiali e risultati per chi potrà partecipare solo saltuariamente;
- accogliere i nuovi partecipanti e usare sapientemente tagging e menzioni con spirito di gratificazione, coinvolgimento e riattivazione del contributo di tutti;
- definire e condividere il piano editoriale ed il calendario di appuntamenti;
- riuscire ad equilibrare il valore dei contenuti pubblicati top-down ed il ruolo dell’engagement ovvero della partecipazione attiva da parte dei membri;
- valutare l’attivazione di sotto-gruppi;
Soprattutto un community manager ha il compito di moderare il dibattito ed esercitare il controllo ed il rispetto delle regole condivise.