I santi di oggi, domenica 13 marzo sono Santa Eufrasia di Nicomedia e San Leandro di Siviglia
La vita
Vissuta all’inizio del IV secolo Santa Eufrasia di Nicomedia era una giovane cristiana molto devota. Al tempo della persecuzione di Marco Aurelio Valerio Massimiano Erculeo, venne arrestata perché cristiana e portata davanti al magistrato. Poiché si rifiutò con fermezza di abiurare la propria fede e fare sacrifici agli dei pagani venne consegnata ad un barbaro perché ne abusasse.
La morte
Eufrasia per difendere la propria verginità, consacrata al Signore, mise in atto uno stratagemma. Disse al barbaro di possedere un medicamento miracoloso in grado di rendere inviolabile la parte del corpo su cui viene spalmato e per fortificare il suo racconto gli propose di provarlo su sé stessa. L’ingenuo straniero accettò la proposta e la colpì con un fendente di spada al collo dove era stato spalmato il “miracoloso” unguento, decapitandola.
Questo episodio venne raccontato nella “Storia Ecclesiastica” di Niceforo Callisto.
San Leandro di Siviglia
Nasce a Cartagena in Spagna, nel 545 circa. Diventa monaco benedettino. Costretto a fuggire a Costantinopoli, conosce e diventa amico del futuro papa Gregorio Magno. Pochi anni dopo riesce a tornare a Siviglia dove viene consacrato vescovo. Passa gli ultimi anni della sua vita in preghiera e penitenza fino al 13 marzo 600 circa, quando muore.
Sant’Ansovino di Camerino
Ansovino nacque a Camerino, nelle Marche, nel IX secolo. Dopo l’ordinazione sacerdotale si ritirò in un luogo solitario a Castel Raimondo, vicino a Torcello e si conquistò la reputazione di uomo santo e autore di miracoli.
Durante un soggiorno in Italia l’imperatore Luigi il Pio lo scelse come confessore, e approvò la sua elezione a vescovo di Camerino. Ansovino accettò l’incarico, a condizione di venire esonerato dall’obbligo di procurare soldati per l’esercito imperiale, cosa che considerava inopportuna per un vescovo e contraria alla legge della Chiesa.
Si dimostrò un pastore saggio e prudente, generoso con i poveri e ottimo amministratore dei suoi beni, tanto che in tempo di carestia aveva sempre qualcosa da dare ai bisognosi. Era anche un taumaturgo. Si trovava a Roma quando venne colto da una febbre improvvisa, che si rivelò fatale. Nonostante le proteste dei suoi amici, insistette per ritornare a casa e poter morire tra la sua gente a Camerino, dove impartì un’ultima benedizione e ricevette il viatico prima di morire, il 13 marzo 868.