Il cinema, la musica, i ricordi: “Ennio: The Maestro” di Giuseppe Tornatore
È uscito in sala in anteprima – il 29 e 30 gennaio, per ritornare sul grande schermo il prossimo 17 febbraio – “Ennio: The Maestro” di Giuseppe Tornatore, il film documentario che il regista siciliano, forte di una collaborazione durata trent’anni, ha dedicato al geniale compositore e direttore d’orchestra Ennio Morricone, autore di oltre 500 musiche da film e vincitore di due premi Oscar (il primo alla carriera, nel 2007, il secondo per la colonna sonora di “The Hateful Eight” di Quentin Tarantino, nel 2016).
Non deve spaventare o essere un deterrente per lo spettatore la durata del film, 150 minuti di grande poesia e bellezza estetica che scorrono via veloci, in un’immersione totale e profonda negli incomparabili universi musicali e cinematografici che Morricone – scomparso nel 2020 – ha saputo evocare.
Non si tratta soltanto di una esaustiva, dettagliata e intensa restituzione della biografia personale e soprattutto artistica del Maestro, i cui tasselli sono rappresentati dalle testimonianze dei protagonisti del cinema e della musica contemporanei (dai fratelli Taviani a Bernardo Bertolucci, Marco Bellocchio, Giuliano Montaldo, Dario Argento e Carlo Verdone; da Clint Eastwood, Oliver Stone e Quentin Tarantino a Bruce Springsteen e Joan Baez, solo per citarne alcuni) oltre che da estratti dei film in cui ha lavorato e da immagini d’archivio: “Ennio: The Maestro” è il racconto dell’essenza di un artista eccezionale, evocata attraverso le immagini da un maestro della settima arte.
Il filtro risiede proprio nello sguardo ammirato, affettuoso e attento di Tornatore, con cui Morricone ha collaborato per oltre trent’anni: «Con Ennio ci siamo intesi fin da subito – conferma il regista, nel corso di un’intervista rilasciata a Denise Negri di Sky TG24 lo scorso 29 gennaio – le domeniche a pranzo erano una consuetudine. Parlavamo di tutto: della musica, delle immagini, della vita. […] È stato un rapporto talmente importante e bello che direi che è stato il privilegio più importante della mia vita professionale e non solo. Per questo non mi è facile descriverlo. Direi che ci siamo intesi fin da subito e poi questo rapporto è cresciuto in reciproca fiducia e credo anche in reciproca simpatia. Insomma abbiamo lavorato e ci siamo frequentati per più di trent’anni. È diventata una consuetudine istintiva e familiare. Quando ad esempio avevo in mente una storia che mi convinceva, la raccontavo a Ennio prima ancora che al produttore e lui nel frattempo incominciava già a comporre delle cose e me le faceva ascoltare!».
Tornatore è riuscito là dove altri hanno fallito, cioè nell’orchestrare una lunga intervista in video al Maestro, notoriamente uomo schivo e riservato: il risultato è di grande efficacia narrativa e di straordinaria poesia visiva, dal momento che lo spettatore viene anche messo in condizione di assistere al momento magico della composizione, quello in cui Morricone trascriveva su carta (e senza bisogno di ricorrere al pianoforte) le proprie creazioni musicali. Racconta il regista:
«Guardi, i produttori mi avevano chiesto se volessi fare un documentario su di lui e io avevo risposto: “Sì, se Ennio accetta di raccontarsi”. Poi loro sono andati da Morricone e gli hanno chiesto: “Vorrebbe raccontarsi in un documentario?” e lui ha risposto: “Sì, se lo dirige Giuseppe”. A quel punto è stato una sorta di atto reciproco. A parte il rapporto che avevamo, credo che nel film non abbia avuto quella sensazione che spesso hai quando parli con un giornalista del telegiornale, ossia quella sensazione di dover dare risposte corte e brevi. Questa cosa sono certo che gli creasse una sorta di ansia per cui risultava non empatico e anzi abbastanza freddo. Invece per il film gli dissi subito: “Ennio guarda qui non hai limiti e mi puoi raccontare tutto”. Abbiamo impiegato 11 giorni, quindi si è lasciato andare e ha accettato l’idea che fosse lui a raccontare sé stesso e che poi intorno a lui ci fosse invece un coro di persone che lo avevano conosciuto, che avevano lavorato con lui a vari livelli e che gli facessero in qualche maniera non da contrappunto ma da eco musicale».
Il film è anche una macchina del tempo capace di ritornare alle origini dell’esistenza di Morricone, all’infanzia già segnata dalle passioni musicali del padre Mario, trombettista, e in seguito da quelle personali: Monteverdi, Frescobaldi e Stravinskij in primis, e poi le tessiture musicali apprese negli anni della frequenza al Conservatorio di Santa Cecilia, dominati dal rapporto bello e tormentato con il suo maestro di composizione, Goffredo Petrassi.
I primi anni Sessanta, invece, sono per il giovane musicista quelli delle prime esperienze in Rai e soprattutto alla RCA, dove diviene arrangiatore per i motivi dei cantanti più in voga dell’epoca: dall’Edoardo Vianello di “Pinne fucile ed occhiali (Guarda come dondolo)” e “Abbronzatissima” al Gino Paoli di “Sapore di sale”, sino alla Mina di “Se telefonando”.
Solo verso la metà dei Sessanta arriva l’incontro del destino con Sergio Leone (che era stato suo compagno di scuola): nel 1964 Morricone inizia a collaborare sia con lui che con un altro giovane e promettente regista, Bernardo Bertolucci. Il sodalizio artistico con Leone si conferma tra i più riusciti della storia del cinema e percorrerà l’intera evoluzione del genere ‘spaghetti-western’ che il regista romano ha contribuito a innovare e consacrare in via definitiva, in una versione nostrana del tutto originale.
In “Ennio: The Maestro” vengono anche svelati molti aspetti non conosciuti del carattere di Morricone e alcune sue inclinazioni come il gioco degli scacchi, in cui eccelleva: nello stesso tempo, Tornatore incuriosisce lo spettatore attraverso la rievocazione di aneddoti quali, ad esempio, la nascita del celebre motivo di “Il buono, il brutto, il cattivo” di Leone (1966), per il quale fu preso a modello l’ululato di un coyote, o l’inserimento del flauto di Pan con le sue suggestioni sonore in “Cockeye’s Song”, tema portante del capolavoro di Sergio Leone “C’era una volta in America” e interpretato da Gheorghe Zamfir, flautista rumeno di fama mondiale.
Certo è che – come emerge anche nel documentario – lo spirito libero e anticonformista con il quale Morricone ha guardato alla musica contemporanea (non solo quella nata per il cinema) e il suo talento per la sperimentazione gli hanno procurato, nel corso della lunghissima carriera, apprezzamenti ma anche numerose amarezze, scaturiti dal tardivo riconoscimento da parte dell’ambiente accademico italiano dell’eguale dignità delle colonne sonore rispetto alla musica tout court.
Emerge chiaramente, insomma, in “Ennio” che al Maestro Morricone calzava a pennello l’espressione tipicamente anglosassone ‘larger than life’, che serve a indicare – in qualsivoglia contesto – qualcuno di eccezionale, persino troppo grande per chi gli sta intorno. Egli stesso, in grado di riconoscere con la sua sensibilità la genialità e il talento altrui, raccomandava di coltivare il più possibile l’attenzione e la curiosità verso ‘le vite degli altri’, così potenzialmente foriere di ricchezze, specie in campo artistico: «Auguro di essere più attenti alla musica, specialmente quella dei giovani autori», aveva detto a Francesco Palmieri dell’AGI, nel 2016. «Ma direi di essere più attenti ai giovani in generale: fra loro forse c’è già un nuovo genio, forse più d’uno, che semplicemente non è riconosciuto come tale non per colpa sua, ma molto spesso per nostra disattenzione. Interessiamoci e incuriosiamoci: alla nostra vita, a quella degli altri e alle incredibili ricchezze che l’uomo è stato capace di generare e continua a generare, tra cui certo la musica».
“Ennio: The Maestro” (Ennio)
Regia: Giuseppe Tornatore
Origine e durata: Italia, 150’
Soggetto: Giuseppe Tornatore
Sceneggiatura: Giuseppe Tornatore
Fotografia: Fabio Zamarion, Giancarlo Leggeri
Musiche: Ennio Morricone
Montaggio: Massimo Quaglia, Annalisa Schillaci
Suono: Gilberto Martinelli, Fabio Venturi
Produzione: Gianni Russo e Gabriele Costa per B Produzioni Srl, in coproduzione con Potemkino, Terras, Gaga, Blossom Island
Distribuzione: Lucky Red in collaborazione con Timvision (2022)