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Alberto Zolezzi: "E' necessario l'intervento del ministro Cingolani"
ALESSANDRIA – La Commissione parlamentare Ecomafie ha fotografato – in modo esaustivo e approfondito – con una relazione approvata all’unanimità mercoledì scorso, lo stato di inquinamento provocato dai Pfas e il pericolo che corrono ambiente e popolazioni esposte. E l’allarme non tocca solo il Veneto.
“C’è preoccupazione per la provincia di Alessandria – si legge sul profilo dell’onorevole Alberto Zolezzi (membro della Commissione presieduta da Vignaroli) – è necessario l’intervento del ministro Cingolani, vanno fissati i limiti agi scarichi, verso la moratoria della produzione e utilizzo dei PFAS.
Nell’allegato redatto dal dottor Andrea Di Nisio si possono leggere le attuali risultanze della letteratura scientifica, i PFAS secondo il National Toxicology Program negli USA sono IMMUNOTOSSICI, riducono le difese immunitarie e la risposta ai vaccini, come si può autorizzare una produzione di 60 tonnellate a Spinetta Marengo?
Con filtri che al momento ne trattengono poco più dell’87%? Con limiti agli scarichi 70 volte superiori a quelli consigliati da ISS (ISPRA chiede opportunamente limiti 0…)”.
Ciò che emerge dal lavoro d’inchiesta è lapidario, ma ciò che stupisce è che sia solo la “Ecomafie” a lanciare un allarme.
La popolazione alessandrina è al sicuro oppure no? Difficile dare una risposta se – come si legge nella parte finale del documento – a parte il Veneto, in Piemonte – ma anche in Lombardia e Toscana – non risulta sia stato effettuato un biomonitoraggio campionario della popolazione residente.
Riferito a Spinetta, perché le autorità non sottopongono la popolazione potenzialmente esposta al biomonitoraggio?
Ricordiamo che un’indagine epidemiologica c’è già, e i risultati sono preoccupanti. Cosa stanno aspettando gli amministratori locali ad intervenire?
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Al momento, quel che è certo è che la Commissione boccia l’operato della Provincia di Alessandria in merito all’autorizzazione concessa a Solvay per l’ampliamento della produzione del cC6O4 (nella foto sotto l’area della falda inquinata dal Pfas – si nota un aumento dell’estensione dal 2019 al 2020).
Di seguito riportiamo l’articolo pubblicato sul giornale Il Piccolo in edicola, il testo della Commissione Ecomafie che riguarda la nostra provincia (per chi volesse approfondire l’argomento).
Gli atti parlamentari: leggi qui
Votata all’unanimità – mercoledì scorso – la relazione sui Pfas della Commissione parlamentare d’inchiesta cosiddetta Ecomafie.
Centottantaquattro pagine che vogliono essere un impulso per l’attività legislativa, affinché lo Stato imponga dei limiti riferiti proprio alle sostanze perfluoroalchiliche, ovvero composti chimici utilizzati in campo industriale.
In quel corposo dossier, ci sono due capitoli riferiti a Spinetta Marengo, dove ha sede Solvay – l’unico polo in Italia a produrre Pfas, dopo che la Miteni (in Veneto) ha chiuso i battenti. E dove si boccia l’operato della Provincia.
Sono molti i punti focali che emergono dal lavoro certosino della Commissione Ecomafie in cui si ripercorre la storia dell’inquinamento spinettese, l’inchiesta del 2008, il processo, le condanne (di Ausimont e Solvay, ndr), il disastro ambientale, l’inchiesta in corso, l’attuale inquinamento.
La Commissione si sofferma sull’autorizzazione Aia (autorizzazione integrata ambientale) del 26 febbraio 2021 rilasciata dalla Provincia di Alessandria alla Solvay di Spinetta per l’aumento della produzione del Pfas cC6O4 (fino a una capacità produttiva di 60 tonnellate all’anno), che presenta delle criticità.
Autorizzazione rilasciata nonostante «sia stata riscontrata la presenza di questo Pfas in un pozzo di acqua potabile del comune di Montecastello, distante circa 10 chilometri dallo stabilimento, pozzo che è stato chiuso per precauzione».
La Provincia viene smentita sugli organismi che sostiene di aver preso a riferimento per fissare i limiti. Perché l’Ispra suggerisce per quelle sostanze un limite che tende allo zero o quantomeno basato sulle migliori tecnologie di abbattimento. E il disegno di legge del Collegato ambientale – rimasto una bozza – non è mai diventato legge.
E il cC6O4? Viene equiparato al Pfoa (bandito dal 2013) «per le caratteristiche di pericolosità».
Si pone l’accento come fino al 31 gennaio 2022 non siano stati fissati limiti allo scarico Solvay ma solo controlli sulla qualità delle acque del Bormida a valle del punto di scarico. «Questo modo di fissare i limiti non è previsto da alcuna normativa e si ritiene un arbitrio da parte della Provincia».
Si è posta domande la Commissione, senza trovare risposte.
Un esempio: sugli impianti di trattamento per le acque reflue di processo della produzione di cC6O4 e Adv 7800 – che vengono scaricate nel Bormida attraverso l’impianto di depurazione, la Solvay ha realizzato tre fasi di trattamento attraverso cui si possono raggiungere facilmente concentrazioni allo scarico prossime allo zero.
«Ma l’istruttoria per la sua approvazione – scrivono – è ancora in corso, quindi l’impianto non è ancora stato installato, e non si comprende la ragione per cui la Provincia ha comunque fissato limiti così alti».
«L’autorizzazione rilasciata il 26 febbraio 2021 – si legge nella lunga relazione – prevede che la produzione di cC6O4 non possa iniziare fino alla completa realizzazione degli interventi per l’eliminazione delle perdite dei Pfas dalle tubazioni e per l’eliminazione delle predite Pfas dalle emissioni diffuse, oggetto dell’indagine penale da parte della Procura di Alessandria. Questo significa – scrivono – che la produzione del cC6O4 non può essere effettuata. In realtà è in atto dal 2013».
Criticità su cui la Commissione ha chiesto chiarimenti alla Provincia nel corso dell’audizione del 28 aprile 2021, «ma non è stata fornita alcuna spiegazione plausibile. La Provincia di Alessandria, in sostanza, non ha saputo né potuto giustificare il proprio operato».
«È la terza relazione prodotta dalla Commissione sul tema Pfas – interviene l’onorevole Alberto Zolezzi (nella foto sotto) – La prima in questa legislatura, che vede un lavoro di oltre 3 anni di audizioni, studio e ispezioni. Ho avuto l’onore di esserne il relatore insieme alla parlamentare Braga.
Un ringraziamento va al presidente Vignaroli, ai consulenti Castellano, Cozzupoli, Galeazzi, Di Nisio che ha curato l’allegato sulle esternalità sanitarie.
La relazione, in sintesi, consente la pubblicazione dei pareri ISS- Istituto Superiore di Sanità – (2019) che suggeriscono limiti a 500 ng/litro di PFAS totali e 100 ng/litro per singola molecola compresi i nuovi PFAS (cC6O4 e genX per esempio), del parere di ISPRA che esplicita come il limite ambientale debba essere inferiore al limite per la tutela della salute.
Questi dati mettono in dubbio l’autorizzazione AIA concessa dalla Provincia di Alessandria allo stabilimento produttivo di Spinetta Marengo a produrre cC6O4 (con passaggio da 40 a 60 tonnellate annue) con limiti iniziali agli scarichi di 7.000 ng/litro e senza certezza di riduzione delle concentrazioni in futuro – continua – Un ente locale, una Provincia, non dovrebbe essere lasciato solo in una procedura autorizzativa così complessa che potrà impattare ulteriormente sul bacino Padano e non solo.
Il cC6O4 è già stato trovato a 200 km da Spinetta nel Po di Castelmassa quando lo scarico consentito era di 1 tonnellata all’anno, con l’aumento della produzione rischia di aumentare anche lo scarico idrico e l’inquinamento, tanto che i 12 miliardi di metri cubi di acqua stimati dalle confederazioni agricole come piovosità media del bacino padano, potrebbero superare le soglie di sicurezza per la concentrazione di Pfas».
«Pfas che anche a basse concentrazioni sieriche – spiega il parlamentare – risultano immunotossici ed è documentata la ridotta risposta ai vaccini (influenza, morbillo, rosolia ecc). In corso di una emergenza pandemica è piuttosto opinabile autorizzare il rilascio ambientale di una sostanza che riduce l’immunità naturale a malattie infettive (e i primi studi epidemiologici confermano maggiore mortalità Covid-19 nella zona rossa dei Pfas) e la risposta alle vaccinazioni.
Si attendono dati sulla risposta alla vaccinazione per il SARS-COV2 ma l’autorizzazione di Spinetta di inizio 2021, nel bel mezzo della pandemia, appare contraria al principio di precauzione».
«La presenza di Pfas negli alimenti – precisa Zolezzi – determina una riduzione dell’appetibilità dei prodotti provenienti dalle aree contaminate e questo potrebbe estendersi a tutti i prodotti del bacino padano, irrigati anche con le acque del Po.
Le audizioni e gli incontri con i comitati, in particolare con le “mamme no PFAS” hanno mostrato il terrore di bere la propria acqua e di nutrirsi dei prodotti della propria terra, in ottica di rischio per i propri figli e per il proprio futuro.
Auspico che questa relazione sia uno strumento importante per arrivare a normare i limiti agli scarichi anche in ambito di attività sospese e bonifiche verso una moratoria della produzione dei PFAS.
La recente visita in Veneto del relatore ONU per i diritti civili legati all’esposizione a sostanze chimiche – Marcos Orellana – potrà consentire di rappresentare in sede ONU nel settembre 2022 le risultanze dei suoi incontri e ispezioni sul territorio italiano in merito ai Pfas».