La nube di polvere post Torri Gemelle? «Era amianto»
A più di vent'anni dall'attacco terroristico iniziano a emergere dettagli rilevanti. Tra questi, anche la prima vittima di mesotelioma, Nick Ursta
NEW YORK – «Am I gonna die, aren’t I?», la linea cade. Silenzio. Un vuoto sospeso, fragoroso come quello che solo una chiamata interrotta nel momento sbagliato può lasciare, che risuona del dolore di coloro che l’11 settembre le Torri Gemelle le hanno viste “soltanto” cadere. Un vuoto che, dopo 20 anni, l’attentato del 2001 si porta ancora dietro, ricordato simbolicamente a Ground Zero, il memoriale che ripercorre l’ormai scomparso perimetro della coppia di edifici. Un cratere nel cuore non solo degli americani, ma di gran parte dei cittadini del mondo occidentale. A colmarlo? Solo la polvere e le macerie. Sì, la polvere. Perché qualcosa delle Twin Towers doveva pur essere rimasto dopo il crollo. Come immersa in una nuvola sospesa, la New York post-disastro ha passato numerosi lunghi mesi con ancora il ricordo vivido dell’11 settembre sparso per le strade e, invisibile, anche nei polmoni.
Numerose sono state le analisi sui residui dispersi nell’aria, a cui non solo sono stati esposti i soccorritori o chiunque abbia lavorato sull’area, ma anche e in primis tutti i residenti di lower Manhattan. Dai risultati dei rilevamenti è emerso che il 50% della polvere era composto da materiali da costruzione non fibrosi, il 40% da vetro o altro (tra cui anche alcuni carcinogeni come il piombo, il mercurio, la diossina e il benzene), il 9.2% da cellulosa proveniente da carta disintegrata. E il restante 0.8%? Amianto, come a coronare l’intero quadro già così preoccupante.