La traduttrice e il musicista: «All’estero per lavoro, dell’Italia ci manca il sole»
Coppia di Novi Ligure da tempo trasferita all'estero: la traduttrice Elisa Noè e il musicista Alessandro Urbano
NOVI LIGURE — «Una buona traduzione per me è quella in cui il lettore non si rende conto della presenza del traduttore, che riesce a diventare autore di un testo. A volte però i vincoli ne limitano la libertà». Così parla del suo lavoro Elisa Noè, traduttrice novese che da più di 10 anni ha deciso di svolgere il suo lavoro lontano da casa, insieme al compagno e oggi marito, il musicista di fama europea Alessandro Urbano e i loro figli, Edoardo e Silvia.
— Raccontaci la tua storia
Siamo partiti nel 2010. All’inizio ci siamo trasferiti a Ginevra, dal 2014 viviamo in Francia. In quell’anno ero frontaliera con la Svizzera perché lavoravo per Amazon, oggi con il Lussemburgo, dove lavoro per il centro di traduzione degli organismi dell’Unione Europea.
— Cosa vi ha spinti a partire?
Cercavamo un posto dove ci fosse una buona università per me e un buon conservatorio per Alessandro, Ginevra era la soluzione migliore, ma lì il sistema è molto rigido, così, per una serie di circostanze, siamo approdati in Lussemburgo. Qui uno dei vantaggi è la facilità con cui ci si può muovere verso tutta Europa, cosa molto importante soprattutto per Alessandro.
— Cosa implica il lavoro di una traduttrice?
«Innanzitutto occorre fare una distinzione tra interprete e traduttore. L’interpretazione è quella simultanea di un testo orale o un discorso, la traduzione è sempre scritta. Il modo di affrontare un testo differisce notevolmente se si tratta di traduzione letteraria, scientifica o di altro tipo: scopi, pubblico e libertà del traduttore sono diversi. Il testo letterario, per esempio, deve essere accattivante, in quello scientifico ha maggior rilevanza la fedeltà terminologica rispetto al testo originale, il margine di manovra è molto inferiore. Nel mio caso abbiamo a che fare con analisi giuridiche, brevetti e marchi, traduciamo testi per organi che devono adottare decisioni giudiziarie importanti.
— Quali lingue traduci?
Principalmente da inglese, ma anche tedesco e francese, sempre verso l’italiano. Un traduttore lavora sempre verso la propria lingua.
— Usi tecniche particolari per concentrarti?
Mi piace avere musica di sottofondo, che scelgo in base al testo, per esempio strumentale e classica se ho bisogno di molta concentrazione, musiche con testo se devo motivarmi.
— Prendi anche spunto dalla vita quotidiana?
Alcune volte per soluzioni traduttive di frasi complesse e, più raramente, per i giochi di parole. Anche qui va fatta distinzione tra testi letterari e tecnici. Nel primo caso i documenti sono lunghi e c’è tempo di tornare su alcuni passaggi, nel secondo caso i tempi sono molto stretti.
— Tornando a voi, perché la scelta di vivere in Francia da frontalieri?
La risposta è poco poetica, si tratta di una scelta puramente economica. In Lussemburgo si vive bene, ma il costo degli affitti, per non parlare di quello delle case di proprietà, è molto alto, mentre in Francia i prezzi sono più contenuti.
— È stato facile integrarvi?
Sì, abbiamo tante amicizie. Non abbiamo mai ricevuto uno sguardo diverso, al massimo c’è stata qualche incomprensione linguistica in espressioni più “dialettali”. Per i bambini casa è Francia, Italia è dove vivono nonni, zii e cugini.
— Tornerete mai in Italia?
Non credo, anche perché con le nostre attività sarebbe molto difficile trovare un posto di lavoro adeguato. Certo, soprattutto col Covid, è stato difficile stare lontani tanto. E poi ammetto che ci manca il cibo ma, soprattutto, il sole.