Il cibo e lo stress
Ciascuno di noi sperimenta quotidianamente situazioni che causano un senso di disagio, fisico o mentale, talora profondo, che definiamo comunemente stress e, benché questa sia divenuta un’espressione di cui si fa largo uso, talvolta in maniera impropria, questo termine, da un punto di vista fisiologico, ha un ben preciso significato. Si intende, infatti, con stress un qualunque evento interno o esterno all’organismo, che tende a modificarne l’assetto omeostatico.
Il verificarsi di tali situazioni è, non solo, inevitabile, ma anche estremamente frequente e assume aspetti e durate molto differenti. Potremmo pensare a malattie, traumi, stati di affaticamento, mancanza di sonno, digiuno, percezione di dolore cronico, ma anche situazioni mentali di depressione, preoccupazione, ansia, tutte possibili fonti di stress, molto differenti fra loro, che creano una sfida al nostro organismo e il cui fattore comune è che l’organismo cerca di rispondere attivando molteplici processi fra loro coordinati volti a ripristinare l’omeostasi e garantire la sopravvivenza.
Fra le tante conseguenze che la risposta allo stress produce, vi è certamente un’alterazione del comportamento alimentare che è ormai dimostrato essere collegato sia a fenomeni di riduzione del senso di appetito, come ad esempio l’anoressia nervosa, ma anche ad eccessi calorici (binge-eating), entrambe patologie multifattoriali che vedono nell’alterato controllo dell’introito di cibo, la causa principale.
Se ci pensiamo, spesso accade che quando siamo nervosi, o quando siamo in una situazione che crea disagio, mangiamo per rabbia, per nervosismo, per placare emozioni che non riusciamo a controllare e, talvolta, questo comportamento prende la mano portando a casi estremi di aumento ponderale. D’altra parte, in altri casi, le preoccupazioni e l’ansia tolgono completamente il senso di appetito, oppure, come accade in alcune patologie del disturbo del comportamento alimentare, la paura di ingrassare porta a sviluppare anoressia e bulimia, fino addirittura alla morte.
Un altro parametro che va valutato è il tempo e la durata di esposizione all’agente stressogeno, il cosiddetto stressor. Mentre un’esposizione acuta determina in genere comportamenti di adattamento, uno stress prolungato nel tempo usura i sistemi di regolazione, con conseguente sviluppo di alterazioni metaboliche che indeboliscono i processi adattativi e sfociano in un incremento del rischio di sviluppare malattie dovute ad una deregolazione dei processi omeostatici. Il comportamento alimentare è proprio uno dei processi che appaiono essere più deregolati. Abbiamo detto che la reazione degli individui può essere oltremodo variabile: alcuni rispondono a condizioni stressanti con iperfagia, altri con ipofagia, altri ancora non mostrano alcuna variazione.
Da cosa può dipendere questa diversa risposta? Le variabili in gioco sono tante e includono il tipo di situazione che l’individuo si trova a fronteggiare, la durata dell’esposizione, probabilmente le riserve energetiche che si hanno a disposizione nel momento in cui insorge la difficoltà e lo stato mentale in cui ci si trova.
Esistono numerose indicazioni del fatto che soggetti in cui lo stress riduce l’appetito, esposti a cibi appetitosi e “palatabili”, inizino improvvisamente a mangiare in grandi quantità. L’ipotesi è che questi cibi, alimentando e soddisfacendo il sistema della gratificazione, quello stesso che è implicato nell’assunzione di droghe e alcol, portino ad inibire in parte la risposta allo stress, smorzandola e aumentando così il rischio di andare incontro, nel corso del tempo, a sovrappeso e obesità.
A quanti è capitato, per “tirarsi un po’ su” di mangiare qualche dolce di troppo, qualche sacchetto di patatine di troppo? In questi casi, tutti sappiamo, è assai raro che si decida di consumare per consolazione una ciotola di verdure o una zuppa di legumi! Si finisce così per esasperare comportamenti alimentari sbagliati, poco sani, come compenso e consolazione ad eventi avversi, partecipando allo sviluppo di alcune fra le più diffuse patologie dei tempi moderni, fra cui obesità e diabete sono certamente le più note.
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*Dipartimento di Scienze e Innovazione Tecnologica
Università del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”
valeria.magnelli@uniupo.it