Tecnologia ed educazione all’acquisto per contrastare la contraffazione
Gli Nft, il lusso e Valenza: ecco cosa potrebbe cambiare
Chi, per studio o per lavoro, si occupa di tecnologia viene, presto o tardi, a contatto con l’Hype Cycle di Gartner, una legge così ferrea da adattarsi a ogni innovazione tecnologica, sia essa l’introduzione degli smartphone o l’e-commerce. Ogni cambiamento tecnologico, postula la curva, genera repentinamente attese che in breve raggiungono il “picco delle aspettative inflazionate”: alla prova dei fatti, questa fiamma si affievolisce e prevale la disillusione.
Ieri i Google Glasses oggi gli Nft
Da quel momento in poi però, la curva riprende a salire e, pur senza raggiungere la vetta precedente, mantiene la sua traiettoria di crescita grazie ai comportamenti più sostenibili che prendono piede nel “plateau della produttività”. Come un tempo gli occhiali di Google, i Google Glasses, dopo aver ricevuto tanta eco sulla stampa, furono abbandonati senza neppure arrivare nei negozi di ottica, ma in seguito sono stati sostituiti da visori che, con la stessa tecnologia, oggi sono adottati dai tecnici manutentori, anche i neologismi che oggi conquistano i titoli dei giornali – come la blockchain o i non-fungible token (NFT) – forse non rivoluzioneranno l’economia monetaria o la storia dell’arte, ma saranno alla base di impieghi più circoscritti e duraturi.
Blockchain e Nft per arginare la contraffazione
Una delle adozioni possibili e produttive delle tecnologie basate sulla blockchain come i certificati di proprietà e gli atti di autenticità rappresentati dai NFT è l’impiego nel contrasto alla contraffazione soprattutto nel mondo della moda e del lusso. Se già oggi le aziende del settore ricorrono a soluzioni come quella offerta dall’italiana Certilogo per inserire un tag nell’etichetta del capo di abbigliamento e permetterne il tracciamento e la verifica dell’autenticità, la marca di gioielli Avel Lenttan dell’azienda Inspiredring di Milano si serve con lo stesso intento di un micro-tag alloggiato nell’oggetto mentre negli Stati Uniti un consorzio di importanti produttori ha dato il via a TrustChain, un’iniziativa sviluppata sulla blockchain da IBM, per favorire il riconoscimento dell’autenticità del gioiello e la provenienza dei suoi elementi. Fra gli altri, anche Tiffany e De Beers si servono di soluzioni simili.
Un (enorme) mercato sommerso
Se le nuove tecnologie possono dunque supportare il contrasto alla contraffazione, tale fenomeno deve essere però combattuto anche con tecniche digitali volte ad individuare e sospendere i venditori illegali: per dare un’idea di quanto possano incidere in settori rilevanti dell’economia di un territorio, è possibile leggere lo studio che, prima della pandemia, è stato condotto dalla Svizzera secondo il quale la vendita online di prodotti contraffatti e relativi a marchi con sede nella Confederazione raggiungeva un importo di 4,5 miliardi di dollari, pari al 1,5% del valore delle esportazioni elvetiche, e del quale il settore orologi e gioielli rappresentava il 75%. Sia gli Stati Uniti che l’Unione Europea hanno compilato liste di piattaforme digitali e siti da mettere nel mirino per individuare le vendite sospette, dal più noto Amazon al marketplace asiatico JD, dal social network russo VK fino a decine di siti coinvolti in precedenti casi di vendite illegali.
Ascoltare la Rete
Il contrasto alla contraffazione online passa pertanto attraverso un’attenta attività di ascolto della Rete – e, più in profondità, anche del Deep Web – per individuare i merchant che mettono in vendita e pubblicizzano prodotti che in modo abusivo si servono dei marchi, delle descrizioni e delle immagini delle aziende. Agenzie come Cypheme usano funzionalità avanzate di reverse search (ciascuno può averne un’idea su siti come Tineye.com o Photoforensics.com) che, a partire da parole chiave, immagini e testi, intercettano i siti che se ne servono e monitorano i marketplace con software come AMZScout per intercettare le inserzioni e comprendere se ad averle pubblicate sono venditori legittimi, operatori attivi nel mercato parallelo o truffatori che ingannano i clienti con falsi all’apparenza verosimili o repliche dozzinali. Anche gli strumenti come Brand24 possono essere utili per monitorare le menzioni che riguardano i brand sui social media per potere così risalire ai canali illegali di vendita online dei prodotti.
Lo strumento dell’Unione Europea
Se la registrazione dei marchi sui marketplace permette di servirsi delle funzionalità da questi ultimi messe a disposizione per essere avvisati di vendite relative al brand – il più noto di questi servizi è Brand Registry di Amazon – merita infine di essere menzionata la regolamentazione P2B (“Platform-to-business”), lo strumento che dallo scorso luglio, la Commissione Europea ha attivato per ridurre le distorsioni nelle relazioni fra gli operatori (aziende, agenzie) e le piattaforme digitali e che risulta dunque utile per segnalare casi di mancata rimozione di venditori illegali presenti sulle piattaforme.
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Valenza e la tutela dei marchi
In questi mesi i quotidiani e le riviste, non solo in Italia, hanno mostrato un impegno consistente da parte delle aziende valenzane ad affermare e accrescere la riconoscibilità dei loro marchi: una parallela attenzione a stringere le maglie nei confronti della contraffazione è dunque un’operazione ancora più opportuna man mano che la Rete e l’e-commerce accrescono il loro ruolo di informazione ed acquisto anche nel settore della gioielleria.
*Partner The Vortex