Infernot, dalla geologia alle tradizioni
Alzino la mano quanti conoscono il termine Infernòt. Penso che più della media sappia che cos’è un infernòt. Per chi non conosce il significato del termine, suggerisco il mio modus operandi. Quando voglio avere informazioni su un termine che non conosco, generalmente faccio una ricerca su Wikipedia, che mi cita quanto segue: “Col termine piemontese infernòt si indica un locale sotterraneo costruito scavando a mano una particolare roccia arenaria, la pietra da cantoni, o in tufo e solitamente adibito a cantina o dispensa. Caratteristica comune a cantine e infernòt è l’assenza di luce e di aerazione diretta. L’infernòt si distingue tuttavia dalla cantina vera e propria, rispetto alla quale occupa in genere una posizione inferiore e svolge una funzione sussidiaria, concentrata sulla conservazione del vino imbottigliato.”
In questa prima parte di definizione, forte della mia formazione di guida escursionistica, trovo a ridire sul fatto che la marna arenarica denominata Pietra da Cantone, caratteristica delle costruzioni degli Infernòt, sia un tufo. Il tufo è di origine vulcanica e in Monferrato non ci sono vulcani. Ma sempre per la stessa ragione, interrogo Wikipedia per la definizione di tufo e scopro quanto segue: “Il tufo (in latino: Tofus o Tophus) è una roccia magmatica effusiva, in particolare è la più diffusa delle rocce piroclastiche (e fino a qui è quanto conoscevo), ma la definizione prosegue con: “Sebbene il nome “tufo” vada propriamente riservato a formazioni di origine vulcanica, esso viene utilizzato per indicare rocce diverse, accomunate dal fatto di essere leggere, di media durezza e facilmente lavorabili. In particolare, in alcune regioni italiane prive di giacimenti tufacei vulcanici viene chiamato tufo il calcare poroso”. Ovviamente non contraddico la sapienza di Wikipedia ma non trovo una definizione corretta chiamare la Pietra da cantone tufo. Dopo questa dissertazione puramente geologica, leggo ancora “Le costruzioni note come infernòt sono intimamente legate alla storia secolare della vinificazione in Piemonte e compaiono pertanto nelle aree collinari di questa regione, intensamente coltivate a vite. Sebbene non esclusiva, la zona del Basso Monferrato Casalese costituisce la principale area di rinvenimento di tali strutture”.
Tali strutture, site al di sotto delle comuni abitazioni e utilizzate per la conservazione delle bottiglie, costituiscono delle vere opere d’arte nate dalla tradizione contadina e dalla perizia di mastri cantonieri, divenendo così la testimonianza di quel “saper fare” di una tradizione passata tramandata attraverso questi manufatti sino ai giorni nostri.
Ai miei turisti spiego che questa marna si è creata dalla compressione dei terreni che si sono sopraelevati dallo spostamento tettonico della Corsica e Sardegna che, da una posizione di 45 gradi, si sono assestati alla posizione attuale, avvicinandosi verso le coste del Tirreno. Questo movimento ha originato gli Appennini (che nascono nella nostra Provincia e rappresentano la colonna vertebrale della nostra nazione) alle colline, prosciugando quell’oceano ligure-piemontese (un paleo-oceano che si trovava tra la placca euroasiatica e la placca adriatica). L’avvicinamento della Corsica e della Sardegna è dovuto all’apertura dell’Oceano Atlantico che ha compresso le placche adriatica e quella europea.
Questo per far capire ai miei turisti che la storia del Monferrato ha origini dal Giurassico, quindi dalla preistoria più profonda. Lo testimoniano ancora le piante di Equiseto che all’epoca avevano una altezza di circa 3 metri e che ora troviamo ai bordi dei canali d’acqua o nelle vicinanze di una falda acquifera.
I proprietari di case che poggiavano su questa vena di materiale calcare molto poroso, in inverno quando la campagna era a riposo, essendo un materiale molto duttile, scavavano delle cantine e all’interno creavano delle nicchie per la conservazione del vino. Una leggenda della tradizione dice che era usanza murare una bottiglia di vino del nascituro. Se il nascituro fosse stato di sesso maschile, la bottiglia sarebbe stata smurata per il periodo di naja del giovane ragazzo. Se fosse stato di sesso femminile, la bottiglia sarebbe stata smurata quando la giovane convolava a nozze. Questa tradizione ce l’ha raccontata il signor Nello di Camagna, un arzillo vecchietto di 85 anni, quando siamo andati a visitare il suo infernòt dicendo che la nicchia murata con il nome di Giselle conserva la bottiglia di una sua cugina francese di 75 anni che non è mai convolata a nozze.
Questa è la ricchezza di un territorio. Conoscere la geologia, le tradizioni, spiegare alle persone cosa è successo su quel territorio e perché, riscontrare con segni attuali quanto si narra e far capire che sono all’interno di un territorio ricco di storia che ha solo piacere di raccontarsi, come ha fatto Nello quando siamo andati a visitare il suo infernòt. Io che sono una guida, sono il cantore di queste gesta e da questo blog invito tutte le persone che mi stanno leggendo (per fortuna siete sempre in aumento) a farmi visita. Ho tante storie belle da raccontarvi, per farvi vivere un’escursione esperienziale che vi legherà a questo meraviglioso territorio.