C’è spazio per le figurine, ai tempi di Internet?
Penso che la mia adolescenza alessandrina, per altri versi spensierata, sia stata oscurata dall’incertezza relativa a nomi mitici che sentivo in TV o leggevo sui giornali, ma di cui non comprendevo il significativo e dubitavo dunque della portata. Dal clamoroso al Cibali al gol di Turone, dalle imprese di Coppi e Bartali alla figurina introvabile di Pizzaballa, è poi per fortuna arrivato Internet a soddisfare annose curiosità pur creandone inevitabilmente di nuove.
A proposito di figurine, sembrerebbe che il digitale si sia incaricato di dare loro vita nuova grazie ad una tecnologia – chiamata NFT, “non-fungible token” – che le rende uniche e quindi originali e collezionabili. Nata per permettere la creazione di opere d’arte digitali e quindi affrontare le sfide che Walter Benjamin assegnava alla loro riproducibilità tecnica, tale tecnologia è anche alla base della Blockchain e del cosiddetto Web 3 di cui sentiremo parlare a lungo, anche per aspetti molto più rilevanti come il lavoro e il risparmio, la cittadinanza e la salute, la logistica e la manifattura. Ma intanto godiamoci il pensiero che, anche nel futuro, non si troverà da nessuna parte la figurina (digitale) di Pizzaballa.
Se di Blockchain si parla, in termini giornalistici, soprattutto quando si affrontano le altalene finanziarie delle cripto-valute, molteplici sono le applicazioni di questa tecnologia che permette di gestire dati, diritti e transazioni in forma distribuita e potenzialmente più sicura. Fra queste applicazioni, merita ricordare:
- la creazione di contratti digitali non scambiabili (“non-fungible”) come quelli che possono essere associati alle opere d’arte e ai contenuti digitali;
- la produzione di pagamenti fra le istituzioni finanziari così da sburocratizzare e rendere più efficienti servizi quali l’attivazione di polizze, il calcolo dei premi, la liquidazione dei sinistri;
- la certificazione dei fornitori all’interno di una filiera alimentare;
- il tracciamento dei processi produttivi nella manifattura secondo i modelli “Industria 4.0”;
- la movimentazione delle merci nella logistica;
- l’approvvigionamento nelle forniture sanitarie.
In questa prospettiva, la blockchain può dunque rappresentare un “acceleratore di fiducia” perché rende tracciabili, sicuri e condivisibili i dati di qualsiasi bene, garantendo la trasparenza di ogni singolo passaggio.
Le complessità operative che tale tecnologia implica – dai tempi di risposta che richiede alla potenza di calcolo necessaria – non stanno spaventando l’agritech ovvero quelle forme di innovazione che riguardano i processi di trasformazione alimentare, dalla coltivazione o dall’allevamento per arrivare al consumatore. In un mondo in cui, a causa della concorrenza “Italian sounding”, il brand non basta, la blockchain può dunque rappresentare un nuovo strumento per le aziende e per il Paese.