Perché, su Internet, le persone non leggono?
Oggi ci sorprendiamo quando leggiamo, su un social network, commenti di utenti che non hanno evidentemente letto l’articolo condiviso. Eppure, da molti anni, lo studioso di usabilità Jakob Nielsen, dopo aver condotto approfondite analisi empiriche, era giunto alle stesse conclusioni: leggiamo, su un dispositivo retro-illuminato come un PC o un cellulare, come se fossimo di fronte ad un quadro, non come se avessimo davanti un libro o un giornale.
Anziché scorrere, dall’alto in basso e da sinistra a destra, un testo, ne facciamo una scansione a partire dal centro, ne diamo una lettura simultanea piuttosto che sequenziale per poi soffermarci sui dettagli che ci colpiscono di più. Mentre su un giornale la lettura è auto-diretta, online è etero-diretta grazie all’organizzazione della navigazione, ai segni grafici, alle gallery e, sempre di più, ai “social objects” come le infografiche e i meme. La consapevolezza di questi aspetti dovrebbe renderci dunque ancora più avvertiti e più cauti nel commentare e condividere ciò che troviamo risponda appieno al nostro pensiero. Se una notizia è troppo bella per essere vera, forse non lo è o, in ogni caso, merita di essere letta due volte.
Chi si trova a dover progettare siti web (ebbene sì, ci sono ancora i siti web, ai tempi dei social media e degli instant messenger), sente spesso pronunciare questi tre termini senza necessariamente coglierne le differenze e, in qualche caso, non avendo chiaro le professionalità che vi sono coinvolte.
L’architetto dell’informazione ha un ruolo strategico ed è suo compito individuare e studiare le tipologie di utente a cui il progetto intende rivolgersi e mappare i bisogni che, lungo la navigazione, debbono essere intercettate, affrontate e soddisfatte. Le pagine di un sito infatti sono l’effetto di un lavoro che, partendo dai bisogni, deve predisporre contenuti e strumenti all’interno di un’organizzazione efficace ed efficiente.
Perché questo accada, serve che l’architetto usi al meglio:
- le funzioni strutturali del sito volte ad indirizzare la navigazione dell’ambiente digitale offerto e la fruizione dei contenuti che vi sono presenti (modalità lean-forward dell’utente);
- le funzioni narrative che hanno invece il compito di rivolgersi ad un lettore in modalità lean-back perché possa al meglio servirsi di quanto messo a disposizione: testi, video, audio, interattività.
Ferri del mestiere dell’architetto dell’informazione sono i tag dei contenuti ed i link che li correlano, i motori di raccomandazione e i filtri di ricerca per farli scoprire, ma soprattutto l’architetto dell’informazione ha accanto a sè colleghi quali i web designer che invece operano sull’interfaccia grazie alla grafica ed alle tecniche di interaction design.
Perché un progetto digital abbia successo però occorre considerare, grazie ai dati che la monitorano, la soddisfazione dell’utente per ottimizzare progressivamente ciò che gli si mette a disposizione ed ecco perché il lavoro del web designer non è fondato su un astratto illuminismo, ma su un continuo confronto con la realtà che lo aiuta a porre in essere i principi di usabilità:
- l’interfaccia deve presentare “àncore visive” per aiutare l’occhio umano a fruire dei contenuti, nel rispetto delle modalità di lettura di un testo su un dispositivo retro-illuminato;
- le attese e le aspettative debbono essere gestite (per esempio con link e bottoni che cambiano colore se cliccati) e ogni azione portata a termine deve ricevere un feedback che la confermi;
- gli errori debbono essere anticipati;
- è utile sia offrire percorsi di navigazione guidati con crosslink e shortcut;
- i bordi sono limiti, ma anche opportunità per favorire l’interazione.