Non Una Di Meno scende in piazza per dire no alla violenza sulle donne
Sabato la manifestazione nazionale a Roma
Il 27 novembre Non Una Di Meno tornerà ad attraversare le strade di Roma per dire no alla violenza contro le donne. Anche la delegazione alessandrina parteciperà alla protesta nazionale: il pullman partirà alle ore 4.45 da piazza Garibaldi con rientro previsto al termine della manifestazione. Qui di seguito i costi: il biglietto sostenitrice 55€, il biglietto semplice 35€, tariffa Students 25€.
“Dopo due anni dall’inizio della pandemia sentiamo forte la voglia di tornare ad attraversare le strade romane con i nostri corpi. L’emergenza sanitaria e la conseguente crisi hanno pesato maggiormente sulle nostre spalle.
Un esempio di ciò è il lavoro di cura, quello non riconosciuto e dato per scontato, che è ricaduto su centinaia di migliaia di donne che al lavoro in smart working hanno dovuto affiancare la cura di figli e figlie in dad e le faccende domestiche, e quello affidato a colf e badanti spesso senza permesso di soggiorno, che la tanto decantata sanatoria avrebbe dovuto regolarizzare e che invece ha lasciato in una intollerabile situazione di ricatto e invisibilità – si legge in una nota divulgata da Non Una Di Meno – La pandemia ha anche pesato fortemente sulle donne e sulle persone LGBTQIAP*+ che, non potendo contare su strutture di accoglienza per sfuggire alla violenza domestica, hanno pagato a caro prezzo la convivenza forzata con i loro maltrattanti”.
E aggiungono “mentre scriviamo questo comunicato i femminicidi in Italia dall’inizio del 2021 sono stati più di 100 e i transicidi 3. La violenza di genere è un’emergenza strutturale, e lo abbiamo ripetuto più volte, questi numeri lo confermano ma le istituzioni continuano a sottovalutarla, come spiegare altrimenti il ritardo del rinnovo del piano triennale anti-violenza scaduto nel 2020, o il contenuto della misura introdotta da pochi giorni delreddito di libertà, destinato alle donne che fuoriescono dalla violenza. Questa misura è insufficiente e discriminatoria: insufficiente perché la cifra stanziata, 3 milioni di euro, permetterà a solo 625 donne in tutta Italia di poterne beneficiare, ed è ben poca cosa se pensiamo che le donne ospitate nei centri anti-violenza italiani sono circa 70.000, e a questo va aggiunto che la cifra destinata ad ogni donna è di 400 euro al mese per un anno, che di certo non può garantire autonomia economica. La misura è discriminatoria perché le donne irregolari presenti in Italia non possono accedervi. Noi vogliamo che i CAV femministi vengano coinvolti pienamente nella definizione delle strategie di contrasto alla violenza di genere, vogliamo il riconoscimento dell’autonomia dei CAV femministi e fondi per i percorsi di fuoriuscita dalla violenza.
In questi giorni assistiamo pienЗ di rabbia alle violenze perpetrate su donne e uomini migranti in nome di accordi internazionali inumani. Vogliamo il permesso di soggiorno europeo slegato da famiglia e lavoro, un reddito di autodeterminazione non condizionato e un salario minimo europeo, che permetta in particolare alle donne di non essere più assoggettate al potere di un padre, un marito o un datore di lavoro.
Il 28 ottobre la violenza istituzionale si è manifestata nel fragoroso applauso e nelle scene di giubilo che hanno festeggiato, all’interno del Parlamento, l’affossamento del Ddl Zan. Noi vogliamo molto più del Ddl Zan perché la lotta delle persone trans, queer e LGBTQIAP*+ è la nostra lotta, e per questo vogliamo riaffermare l’autodeterminazione sui nostri corpi e sulle nostre vite e pretendiamo che nelle scuole sia fatta educazione sessuale, all’affettività e alla differenza di genere.
Vogliamo che i nostri corpi sensibili non siano più invisibili, vogliamo che il Sistema Sanitario Nazionale ci fornisca cure, assistenza e strumenti diagnostici per malattie come vulvodinia, fibromialgia, endometriosi, neuropatia del pudendo, dolore pelvico.
Vogliamo gli obiettori fuori dagli ospedali pubblici, vogliamo il diritto di scegliere sui nostri corpi. Vogliamo giustizia climatica, vogliamo i nostri territori liberi da chi ci avvelena in cambio di una manciata di posti di lavoro”.