Cattaneo: “Antinucci e Bressan, quali differenze?”
"Il centrosinistra alessandrino ha già perso quattro anni e mezzo"
ALESSANDRIA – Riceviamo e pubblichiamo, in vista del congresso del Partito Democratico di Alessandria che si terrà domenica 7 novembre a partire dalle 9 alla Taglieria del Pelo – candidati segretari l’uscente Rapisardo Antinucci e Mauro Bressan – un intervento dell’ex assessore Mauro Cattaneo (foto sotto).
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Da ormai diversi mesi ho sospeso la mia militanza nel Partito Democratico di Alessandria. Non mi sono dimesso. Non ho stracciato tessere. Non ho fatto casino. Semplicemente ho lasciato che le cose andassero per i fatti loro senza di me.
Non condividevo un modo di agire tutto istituzionale, misurato, freddo. Fatto di comunicati stampa che non comunicavano granché e di pacate e articolate prese di posizioni che a mio giudizio lasciavano indifferenti la gran parte degli alessandrini, i nostri potenziali elettori e chi da noi si aspetterebbe parole in cui potersi identificare. Non mi riconoscevo in quel modo di agire e non avendo alcuna ambizione personale mi sono fatto da parte. Tutto qui.
Cionondimeno leggo i giornali, seguo la cronaca e cerco di farmi un’idea su quello che sta avvenendo e avverrà nel partito cittadino e sulle conseguenze che ne ricadranno sulla nostra città. Come già sanno tutti quelli che seguono la politica alessandrina, il Pd andrà a congresso e sono già noti i due contendenti alla segreteria: l’uscente Antinucci e lo sfidante Bressan.
Bressan (foto sotto) – che non ricordo abbia mai partecipato a una riunione di partito nell’ultimo decennio – ha lanciato un po’ a freddo la sua sfida con un’intervista in cui parla di degrado, ruolo del capoluogo, mancati investimenti nei settori strategici, assenza di disegno urbanistico, nuovo modello di welfare, bisogno di un partito forte, nuova progettualità, ascolto dei portatori di interessi, smart city, decoro urbano e via in seguito.
Più avanti dice di “mettersi a disposizione del Pd”, propugna un “confronto con i partiti del centrosinistra e con un’ampia coalizione”, auspica una “progettazione partecipata” e punta a “far nascere le opportunità dal basso e investire su un metodo di lavoro basato su confronto e coesione sociale”. Ovviamente esprime parole di sdegno per il penoso spettacolo offerto dalla recente crisi di Giunta.
Il problema nei propositi di Bressan credo stia nel fatto che non riesce mai ad andare oltre ai titoli di capitoli di un progetto tutto teorico senza però proporre nulla di realmente concreto o perlomeno accattivante. Gli stessi titoli che qualcuno usava già dieci anni fa, lui continua a usare ancora oggi e qualcuno probabilmente seguiterà a usare anche tra dieci anni. Che vanno bene ad Alessandria esattamente come a Rovigo, a Macerata o a Brindisi. Niente di particolarmente interessante e originale.
Ma credo che a minare la credibilità del progetto di Bressan sia soprattutto il fatto che a suo sostegno si sono schierati tutti i principali protagonisti di tutte le sconfitte del centrosinistra alessandrino negli ultimi venti anni. Generazioni che non avvertono quell’esigenza che in politica – ma non solo – dovrebbe essere fisiologica di mettersi a lato, rinunciare a ruoli pubblici, contribuire con la propria esperienza senza pretendere visibilità in assemblee elettive, fondazioni o enti di secondo livello. E che invece di favorire un’immagine rinnovata e moderna della propria parte politica arrivano a sacrificare quei dirigenti più giovani – nemmeno troppo – che al loro benvolere si erano incautamente affidati.
Insomma, Bressan punta sull’autorevolezza ma fallisce l’obiettivo della credibilità.
E gli stimoli?
Nemmeno l’intervista di presentazione di Antinucci (foto sotto) – l’altro candidato – presenta particolari novità o stimoli.
Si comincia con l’elenco dei partiti – Psi, Repubblicani, Articolo Uno, Moderati, Italia Viva, Sardine, Azione e M5S – coinvolti nel “Tavolo del centrosinistra”. Si annuncia per una data ormai evidentemente sorpassata una pubblica iniziativa denominata “Cantiere Alessandria” che vorrebbe essere “una prima pietra di un percorso” verso la costruzione di un programma elettorale. Si citano come temi da porre al centro dell’attenzione il centro storico, la mobilità, l’Università, il nuovo Ospedale, il decoro, il lavoro e le iniziative che portino occupazione e benessere.
Antinucci prevede che l’individuazione insieme agli alleati di un candidato sindaco – figura per cui dice di avere in mente una proposta che al momento tiene per sé – si farà entro novembre. Data che ormai sembrerebbe una previsione un po’ troppo ottimistica o avventata.
Infine sembra di capire che le differenze di Antinucci con Bressan non stiano sui temi o i programmi – ancora decisamente impalpabili – ma sugli schieramenti interni. Lo si poteva capire dagli sponsor di Bressan di cui ho già detto sopra. E lo si capisce anche quando Antinucci lascia intendere che “nonostante tentativi non sono stati compresi i motivi della sconfitta” e parla esplicitamente di rinnovamento e volti nuovi.
A lasciarmi perplesso però è il richiamo di Antinucci alla necessità di collaborare con “associazioni, comitati civici e personalità di rilievo cittadino”. Anche perché la causa principale del mio abbandono della militanza stava proprio nella totale assenza di quella ricerca di collaborazione.
Si possono mettere intorno al “Tavolo del centrosinistra” tutte le sigle di partito che si vuole e che si può, ma se non si capisce che i militanti e i dirigenti dei partiti e dei partitini possono anche essere tutte degnissime e valide persone ma ormai non rappresentano che una parte minima della comunità locale si fa poca strada. E che se davvero si vuole un rapporto fruttuoso con “associazioni, comitati civici e personalità di rilievo cittadino” questo rapporto si costruisce negli anni con la capacità di condividere e soprattutto ascoltarli. E non con due chiacchiere a margine del “Tavolo del centrosinistra” e a un mese dalle elezioni la proposta di candidatura a qualcuno di loro.
“Quattro anni persi”
Si dice – e sono tra quelli che lo pensano – che le campagne elettorali iniziano dal giorno dopo che si è votato e durano cinque anni. Se così è, il centrosinistra alessandrino di quei cinque anni ne ha già persi quattro e mezzo. E adesso si deve ancora aspettare a vedere come si regoleranno i conti dentro al Pd. Nella pressoché assoluta indifferenza della città e soprattutto di quelli che dal giorno dopo andremo a tirare per la giacca chiedendogli di darci un contributo di idee, di far girare del materiale, di esser disponibile a candidarsi o perlomeno a votarci. E mi riferisco in particolare alle “associazioni, comitati civici e personalità di rilievo cittadino”.
Non so come potranno andare a finire le cose. Quel che so è che il recente turno di elezioni comunali ha restituito al Pd il ruolo di architrave dello schieramento che si oppone al centrodestra. E quindi gli errori e le incertezze del Pd ricadranno su tutti coloro che sperano di mandare a casa l’attuale imbarazzante giunta.
Senza qualche scatto di orgoglio del Pd, degli altri partiti e anche di “associazioni, comitati civici e personalità di rilievo cittadino” ma soprattutto senza la consapevolezza delle proprie responsabilità di fronte alla comunità locale e a un declino verso cui sembriamo inesorabilmente destinati continueremo a tenerci quel che c’è.
Una città caotica che ormai è un enorme parcheggio abusivo. Una raccolta rifiuti imbarazzante. Strade che si asfaltano solo in prossimità delle elezioni. Piste ciclabili che scontentano sia gli automobilisti che i ciclisti. Un commercio sempre più fragile e sotto schiaffo del franchising e della grande distribuzione. Un teatro che va a pezzi. Un Terzo settore abbandonato a sé stesso e servizi sociali lasciati al caos o al clientelismo. Sfilate di moda e promozioni di profumi spacciate per eventi culturali. Per non dire di personaggi condannati per falso in bilancio che decidono ancora chi entra e chi esce dalla Giunta. E di un sindaco che ha l’ardire di affermare che non si occupa della Cittadella perché non è mica del Comune. Mi piacerebbe vedere cosa succederebbe a Beppe Sala se dicesse le stesse cose sul Duomo di Milano.
Senza la capacità di reagire a tutto questo con energia e credibilità non ci sarà nessuna possibilità di ricambio. E magari qualcuno si accontenterà di mantenere un seggio di opposizione in Consiglio comunale o trattare per una vice-presidenza in Provincia convinto di essersela ancora cavata.
Tanti auguri.