Irrigano i campi usando l’acqua contaminata?
In funzione un pozzo vicino al polo chimico. Il controsenso di analisi (mai fatte) a carico degli agricoltori per usare un’acqua super inquinata
SPINETTA MARENGO – C’è un aspetto che, se non fosse stato ignorato per anni, fotograferebbe le ripercussioni dell’inquinamento che, in un tempo passato e più recente, ha colpito la falda sotto il polo chimico. È quello dei campi che non possono essere irrigati con la risorsa idrica.
Lo dice un’ordinanza del 2009, ancora in vigore con tanto di cartina pubblicata (foto sotto) col perimetro della zona critica che ora, stando alle analisi di questi anni è aumentata. Ma c’è una postilla: chi volesse usare i pozzi e prelevare dalla falda per irrigare, deve far fare autonomamente le analisi (e andare a cercare determinate sostanze) per poi presentarle all’Asl Al, deputata al controllo.
Vero è che non tutte le colture necessitano di acqua, ma l’ ordinanza del Comune del 26 giugno 2009, che va ad integrare la precedente del 7 luglio 2008 (anno in cui è scoppiata l’emergenza Cromo esavalente proprio nell’area del polo chimico di Spinetta), è chiara e non interpretabile.
Anche se, comunque, lascia aperta la strada per la messa in moto delle pompe dei pozzi nelle zone off limits. Chi decide di irrigare i campi deve fare le analisi. E i dati devono, ovviamente, avere valori conformi alla legge. L’Asl snocciola tutta una serie di sostanze chimiche che devono essere cercate dal privato.
Il paradosso è che la stessa falda in quell’area (esterna al polo chimico) è stata costantemente monitorata dall’Arpa che ha dichiarato – fin dal 2008 – come la zona sia oggetto di un inquinamento importante.
Allora ci siamo posti una domanda: ma i campi nel perimetro delineato dagli amministratori dove non si può usare la falda per irrigare, e dove magari si coltiva il mais, come vengono alimentati?
Lo scorso agosto, un pozzo in prossimità del polo chimico lavorava senza sosta. E irrigava appezzamenti coltivati a mais. Da dove prendeva l’acqua? A che profondità? Perché, ricordiamo, sia la falda superficiale che quella intermedia presentano criticità.
Lo dice l’Arpa e, prima ancora, una sentenza della Cassazione che ha sancito, in quella zona, un disastro ambientale riferito proprio alla risorsa idrica che scorre sotto Spinetta.
Alcuni dei terreni attorno al polo chimico sono di proprietà di Solvay ma dati in gestione per la coltivazione, altri sono in capo a diversi agricoltori.
L’Asl, da noi contattata, ha affermato che nessuno, nel corso degli anni, e neppure recentemente, ha presentato analisi per poter poi procedere all’irrigazione.
Confagricoltura, a cui abbiamo posto la domanda, ha preferito non rilasciare dichiarazioni.
Il Comune, invece, spiega l’iter adottato dal 2008, quando è scattata l’emergenza Cromo.
«Non usare le acque»
L’ordinanza del 2009 stabilisce «con effetto immediato a tutti i soggetti proprietari, gestori o comunque utilizzatori di pozzi posti all’interno dell’area sopra descritta, che emungono acque dalla falda di non utilizzare quelle acque per usi domestici, irrigui e destinati all’alimentazione animale, salvo che gli stessi soggetti siano in possesso di documentazione attestante, mediante certificazione, il rispetto dei limiti normativi. I campionamenti – recita il documento pubblicato sul sito del Comune – dovranno essere effettuati a cura e a spese del soggetto utilizzatore e ripetuti una volta ogni 60 giorni, per l’intero periodo di utilizzo.
La certificazione del rispetto dei limiti normativi dovrà essere inoltrata, a cura del soggetto utilizzatore, ad Asl Al».
Iniziato il lungo iter di bonifica
Il piano di monitoraggio delle acque sotterranee continua ad attestare la presenza di contaminanti, per cui il Comune fa sapere che l’ordinanza rimane in vigore. Almeno fino a quando non subentreranno altri strumenti.
A breve, infatti, sarà avviato il piano di caratterizzazione dell’area esterna al polo chimico, approvato dagli enti. È il primo step di una procedura di bonifica che interverrà sia sulla falda che sui terreni.
Che cos’è la caratterizzazione? Si andranno ad effettuare analisi e controlli in acqua e sui terreni (in sostanza tutte le matrici ambientali) per la ricerca degli inquinanti e accertarne la contaminazione e se i vari parametri siano sopra i valori di legge. Lavoro che dovrà effettuare Solvay, che a sua volta ha chiamato in campo Edison (che aveva chiesto di partecipare all’attività).
Fatta la caratterizzazione, si procederà con un’analisi di rischio specifica: ossia, si accerterà se vi siano rischi per popolazione e ambiente.
Solo a quel punto, fotografata la situazione generale, individuati gli inquinanti e a chi appartengano (o siano appartenuti), si passerà al progetto e alla realizzazione della bonifica vera e propria. Che, per il Comune, dovrà essere attuata da chi quell’inquinamento lo ha provocato.
Palazzo Rosso, in questa fase, ha chiesto un solo interlocutore, che è Solvay. L’azienda ha chiesto di posizionare altri punti di campionamento delle acque di falda per incrementare i controlli.
Agirà chi ha inquinato
Quindi, in sostanza, per arrivare a “decontaminare” la zona si dovrà procedere a step: caratterizzazione, analisi di rischio e bonifica vera e propria.
Con un punto fermo, come spiega l’amministrazione comunale: il Comune è competente della bonifica dell’area esterna al polo chimico ma solo dal punto di vista amministrativo. L’intervento, in concreto, spetterà a chi risulterà responsabile dell’inquinamento.
Mentre si cercano gli inquinanti e si dovrà definire a chi appartengano, c’è un aspetto che si inserisce a gamba tesa: il processo e una sentenza passata in giudicato che dichiara il disastro ambientale e condanna Ausimont e Solvay per l’inquinamento (in continuità).
Nel frattempo, da un pozzo a ridosso del polo chimico quest’estate è uscita dell’acqua che si presume arrivi dalla falda.