Stress e attività fisica
In quest’articolo, non intendo parlare del solito argomento sullo stress accumulato durante la giornata e il beneficio nello sfogarsi attraverso l’attività fisica! È infatti ormai risaputo che il movimento e/o la pratica di una disciplina a nostro piacere abbia un impatto più che positivo su tutto ciò, e che se riusciamo a farlo divenire parte delle nostre giornate (proprio come lavarsi i denti), ci proietta verso una longevità maggiore.
Oggi vorrei concentrarmi su un tipo di stress derivante proprio dall’attività fisica, soprattutto da quella aerobica e anaerobica, la quale da tempo viene venerata da coloro che vogliono impegnarsi nel fare di più, ma che non valutano o non si informano a fondo sui vantaggi e gli svantaggi di ogni pratica, anche perché una “corsetta” non ha mai fatto male a nessuno! E invece…
Siamo sicuri che più ci alleniamo più aumentiamo il nostro stato di salute?
Vi porto all’attenzione il caso di James Fuller Fixx, il quale iniziò a correre all’età di 35 anni, con parecchi chili di troppo e il vizio del fumo. Nel 1977, quando fu pubblicato il suo libro “The Complete Book of Running”, 10 anni dopo aver iniziato la sua prima “corsetta”, aveva smesso di fumare e perso oltre 30 chili. James aveva trascorso quei 10 anni facendo una sola cosa: correre. Il suo libro divenne un best-seller, vendendo oltre un milione di copie, ma nel 1984, dopo la sua corsa giornaliera sulla Vermont Route 15 ad Hardwick, fu colto da infarto fulminante e morì. Aveva 52 anni; l’autopsia rilevò una coronaria ostruita al 95%, una all’85% e un’altra al 70%. Nel 1987 fu pubblicata una review, ovvero una revisione di studi scientifici riguardanti “Heart disease in marathon runners” in cui, sulla base dei casi di morte improvvisa fino a quel momento catalogati in ambito scientifico, veniva raccomandato al personale medico di “do not assume that ‘physically fit’ marathon runners cannot have serious, life-threatening cardiac disease”, ovvero di non dare per scontato che coloro i quali siano dediti all’attività aerobica prolungata e quindi apparentemente “in forma”, siano scevri da patologia cardiaca, potenzialmente fatale (Noakes TD). Da allora sembra esservi sempre maggiore evidenza che l’esercizio fisico eccessivo, con particolare riferimento alle lunghissime sedute di cardio, possa causare più danno che beneficio.
Parliamo dunque di stress ossidativo
È fondamentale conoscere che l’esercizio fisico, ma soprattutto l’attività fisica intensa, provoca sempre, un certo grado di stress, “meccanico” prodotto dalla contrazione muscolare e “metabolico” prodotto dai processi fisiologici all’interno delle nostre cellule. Otteniamo così: infiammazione e stress ossidativo (Pyne DB). La richiesta energetica necessaria per l’espletamento di attività fisica di un certo livello incrementa il consumo di ossigeno a livello delle strutture che compongono il nostro corpo, ovvero epiteliale, connettivo, muscolare e nervoso (Morillas-Ruiz J et al). Studi evidenziano che il consumo di ossigeno aumenti di 10-20 volte rispetto al basale a livello sistemico, ovvero nell’intero corpo (Anstrad PO et al), e 100-200 volte a livello del muscolo scheletrico (Halliwell B et al).
Questo aumento del consumo di ossigeno genera reazioni all’interno delle nostre cellule incrementando la produzione di radicali liberi (Halliwell B et al). I radicali liberi sono delle molecole fortemente reattive e ossidanti, che si formano nelle reazioni biochimiche cellulari. Se ne sente spesso parlare perché vengono associate all’invecchiamento e al loro effetto negativo sul nostro corpo. Lo stress ossidativo può essere quindi definito come la condizione in cui il bilancio esistente tra la produzione di radicali liberi e la loro disattivazione attraverso il sistema di difesa anti-ossidante viene ad inclinarsi in favore della espressione dei radicali liberi (Fisher-Wellman et al; Ahmadvand et al). Essi sono la principale sorgente dello stress ossidativo, e giocano un ruolo fondamentale nella genesi e nella progressione del danno tissutale in seguito all’esercizio fisico (Bloomer et al). Una energica e vigorosa attività fisica incrementa la produzione di radicali liberi, il che comporta un aumento della perossidazione lipidica attraverso l’attacco degli acidi grassi polinsaturi. I radicali liberi dell’ossigeno sono inoltre causa di danno ossidativo a carico delle proteine e del DNA (Radàk Z et al). Ciò è il motivo per cui un eccesso di attività fisica non è per forza di cose benefico, bensì talvolta dannoso (Kanter et al; Bloomer et al). Lo stress ossidativo è coinvolto nell’ipertensione, aterosclerosi, diabete, osteoporosi, cancro e demenza (Sakamoto R, et al), oltre ad essere noto per causare ed accelerare i processi di invecchiamento (Finkel et al). È bene sapere che tra tutti i processi sopra descritti, il danno a livello del DNA è quello più pericoloso per la salute.
Confrontiamo adesso tutto ciò con lo sport
Prendiamo come esempio un podista o più semplicemente una persona a cui piace parecchio correre!
Si può pensare che nel suo caso, portare a termine una maratona (42,195km) voglia coincidere con il suo stato di forma massimo, e probabilmente così sarà, ma è anche lo stato in cui il cuore viene sottoposto al massimo stress. Come ci sottolinea uno studio presentato al Canadian Cardiovascular Congress nel 2010 a Montreal, l’esercizio fisico regolare riduce il rischio cardiovascolare di 2-3 volte, di converso, un esercizio strenuo ed esteso nel tempo, come quello legato ad una maratona, aumenta il rischio cardiaco di ben 7 volte! Questo non vale però solo per la disciplina della corsa, ma per tutte le attività che noi andiamo a svolgere per tenerci attivi, questo perché esponendoci ad alti livelli di infiammazione, rischiamo di provocare danni al muscolo cardiaco anche a distanza di tempo da quando abbiamo finito di allenarci (Siegel AJ) . Secondo le evidenze scientifiche pubblicate:
- il sollevamento pesi (Zembron-Lacny et al; Paschalis V et al; Deminice R et al),
- la corsa (Nikolaidis MG et al; Tsai K et al; Child RB et al; Liu ML et al),
- il nuoto (Deminice R et al),
- le arti marziali (Pesic S et al; Pesic S et al),
- il calcio (Fatouros IG et al; Ascensão A et al),
- il tennis (Shippinger G et al),
- il rugby (Chang CK et al; Finaud J et al),
- la pallavolo (Martinovic et al; Martinovic et al),
- l’arrampicata su roccia indoor (Magalhães et al),
- la pallamano (Marin DP et al),
- il motocross (Ascensão et al),
- il canottaggio (Kyparos A et al; Kyparos A et al),
…sono tutti associati ad un forte stress ossidativo. Sembra dunque che la miglior soluzione sia abbandonare tutto e continuare a praticare lo “sport del divano”. Invece no! Oggi sappiamo che l’esposizione a piccole dosi, a questo tipo di stress è vantaggioso e benefico, questo perché induce le nostre cellule a diventare più forti, incrementando la produzione di antiossidanti. In altre parole, il corpo attraverso lo stress ossidativo si indebolisce leggermente, per diventare più resistente nel workout successivo (Majerczak J et al; Knez WL et al; Morton JP et al; Nikolaidis MG et al).
Personalizzazione
È facile dedurre quindi che vi sia un “carico ottimale” di lavoro, dove i danni restano inferiori ai benefici, e di conseguenza è intuitivo pensare che questo livello di carico sia per ogni individuo differente, in base a una multifattorialità di considerazioni e valutazioni. Affidarsi ad un esperto, che ci accompagni durante allenamenti gradualmente e costantemente più intensi, così da aumentare progressivamente volume e intensità evitando il sovraccarico, diviene fondamentale.
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LA PROSSIMA SETTIMANA IN-FORMA PARLERÀ DI…
“Iperattività vs Ipoattività”
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