All’Eternit Bis inizia il dibattimento. Pondrano è il primo teste
Venerdì la deposizione del presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio
NOVARA – Sono parole commosse quelle che Nicola Pondrano, sindacalista e volto storico della lotta all’amianto, ha riferito alla Corte d’Assise questa mattina. È con lui infatti che è ripartito, dopo la pausa di agosto, il processo Eternit Bis che ha sul banco degli imputati Stephan Schmidheiny. Pondrano è stato il primo dei testi della Procura oggi, lunedì 13, e la sua deposizione è durata più di cinque ore. Fulcro della testimonianza l’esperienza all’Eternit, dove ha lavorato dal 1974 al 1979.
«Era un girone dantesco»
«Ero un tecnico chimico e per il primo anno finii nel reparto “Eterplast”, adiacente allo stabilimento. Non si produceva amianto lì, ma materiale plastico. Dopo una prima crisi aziendale però fui sballottato come jolly per tutto lo stabilimento. Non ero casalese di nascita (Pondrano è originario di Vercelli ndr) quindi non avevo vincoli di sorta con la fabbrica e con la storia Eternit. Avevo una mia testa che mi consentì fin da subito di constatare che l’ambiente era quello che era. Un girone dantesco, così lo definii. Era uno stabilimento che aveva 70 anni di vita, dove c’era tanta polvere, umidità, calore. Basse condizioni di vita che si coglievano guardando chi lavorava come me in viso. Ricordo che c’era quest’usanza di affiggere sulle due grandi colonne all’entrata dello stabilimento i manifesti funebri di chi moriva, come segno di compartecipazione. Mi balzò subito all’occhio l’eccessiva mortalità di questi lavoratori, molti intorno ai 50 anni, mancati prima dell’età pensionabile. Fu spontaneo chiedersi “ma cosa succede qua dentro?”».
Le condizioni di salute e di lavoro degli impiegati Eternit infatti sono stati nel corso degli anni il motivo della battaglia condotta da Pondrano. Nominato delegato del consiglio di fabbrica dello stabilimento cittadino già nel 1975, il sindacalista si è operato per il riconoscimento dei diritti fondamentali ai lavoratori della Eternit e per, successivamente, dare giustizia alle vittime dell’amianto. Nel 1981 portò a compimento la prima azione giudiziaria contro la fabbrica, ma sarà solo nel 1993 che arriverà al primo vero procedimento penale contro i dirigenti locali. «Non era facile discutere di ambiente e di lavoro in Eternit. C’era una consapevolezza latente, ma allo stesso tempo c’erano numerose condizioni di favore (come i salari maggiorati) che l’azienda aveva messo in campo negli anni. Ho avuto modo poi in una mia rilettura di vederlo come un abbraccio mortale. C’erano così tante cose che creavano una condizione di benessere».
Il contro-attacco della difesa
Uno dei ruoli fondamentali assunti da Pondrano nel corso degli anni fu quello di dialogo con il direttivo, in particolare con l’organo Sil (Servizio Igiene e Lavoro). Proprio sui verbali degli incontri tra i sindacati e l’ente si è focalizzato il controinterrogatorio del difensore di Schmidheiny Guido Carlo Alleva che ha sottolineato come in tali atti i problemi non fossero rappresentati come descritti dal teste. Ha infine concluso il suo intervento ponendo l’attenzione sul fatto che Pondrano nella sua deposizione si riferisce a una fabbrica che «è rimasta uguale per 70 anni», quando da un’analisi dell’ispettorato del lavoro di Alessandria risulta come proprio nel 1974 il metodo di lavoro in Eternit sia cambiato profondamente, passando da una tecnica a secco a quella a umido.
A concludere l’udienza è stata poi Albino Defilippi, responsabile Arpa, che ha illustrato alla Corte le tecniche di valutazione che l’ente adotta e la drammaticità della bonifica dei 195 siti sul territorio in cui è stata rilevata la presenza del pericoloso “polverino”. Il ritorno in aula è previsto per questo venerdì. Si continuerà con i testimoni dell’accusa: il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio, la presidentessa di Afeva Giuliana Busto e Bruno Pesce.