La storia della ferrovia Valle Bormida raccontata dal sindaco Visconti
Oggi pomeriggio, alle 17.30, la presentazione di Antonio Visconti
SPIGNO MONFERRATO – Verrà presentato oggi pomeriggio, alle 17.30, alla Casa comunale, il sunto degli studi effettuati dallo storico Antonio Visconti sulla ferrovia della Valle Bormida. «E’ stata inaugurata nel 1874 percorrendo la via Aemilia Scauri realizzata dai Romani – spiega – Rappresenta un’alternativa alla linea Alessandria-Genova verso il mare. Nel XX secolo ha consentito a molti lavoratori di raggiugere le industrie della valle (la Salem, vetreria di Dego, Montecatini-Ferrania) e sfamato generazioni di ferrovieri. Ho studiato e scritto un articolo per non dimenticare: per quanto il trasporto su gomma prevale, la ferrovia ha ancora un ruolo importante».
La strada ferrata è legata ai ricordi dell’infanzia di Visconti: «I miei nonni gestivano la trattoria-tabaccheria davanti la stazione. In un’epoca in cui i giocattoli per i bambini scarseggiavano, andavo spesso di fronte all’ufficio del capostazione e mi divertivo a sentire suonare il campanello che annunciava l’arrivo del treno». Per la gente di Spigno la ferrovia è stata ‘manna dal cielo’. Già durante la sua costruzione ha dato lavoro a tanti operai e alle ditte del territorio che fornivano i materiali. Poi il treno è diventato un mezzo di locomozione alla portata di tutti che consentiva di andare a lavorare dove c’erano maggiori opportunità.
La storia del capostazione Pietro Porro
Storie di popolo ma anche di personaggi. «C’è l’episodio del capostazione Pietro Porro – cita –Durante la seconda guerra mondiale e l’occupazione tedesca la ferrovia era utilizzata per spostare materiali bellici. Era quindi bersaglio dell’aviazione inglese e delle formazioni partigiane sebbene fosse costantemente presidiata dalle truppe. Il 22 giugno 1944, alle ore 17.25, mentre un treno diretto a Savona era fermo in stazione a seguito ad un’azione di sabotaggio partigiana, ci fu un’incursione aerea degli Alleati. Il capostazione Pietro Porro uscì dalla stazione per ordinare al macchinista di portare il treno in galleria, ma rimase ucciso durante il mitragliamento, che colpì altre otto persone. L’episodio fa parte della storia della mia famiglia. Nel 1944, mentre mio padre si trovava prigioniero in Germania a Berlino, ricevette da mia nonna il racconto dell’episodio in una lettera di cui conservo ancora copia. Il suo commento: la guerra è brutta, il sangue versato, da qualunque parte provenga, è inaccettabile».