Uomini, decisione e azioni: così crollò la diga di Molare
Un documento importante ricostruisce le ore immediatamente precedenti alla tragedia del 13 agosto 1935
Un drammatico susseguirsi di eventi. Un meccanismo che, una volta messo in moto, nessuno è stato in grado di fermare. Venerdì 13 agosto l’Ovadese ricorderà l’86° anniversario della tragedia della diga di Molare: 111 vittime provocate dal cedimento dell’invaso secondario di Sella Zerbino. A far luce con grande chiarezza sulla cronistoria dolorosa di quegli eventi è un documento di straordinaria importanza: il rapporto redatto dal Tenente Comandante dei Carabinieri della Tenenza di Acqui Terme, Alessandro Tritiletti, inviato il 23 agosto 1935 al Procuratore del Re di Alessandria. A ritrovarlo è stato qualche anno fa Andrea Barisone, attuale sindaco di Molare, impegnato nelle ricerca per la tesi della sua laurea triennale, presso l’Archivio di Stato di Torino. «Vi sono custodite – racconta lo stesso Barisone – tutti i documenti del processo penale anche se non adeguatamente evidenziati. I faldoni di riferimento sono numerati ma non inventariati.
L’acqua sale
Attorno alle 7.00 del giorno della tragedia il custode della diga Abele Deguz comunicò il risultato della prima rilevazione del livello dell’acqua sul lago. Essa aveva raggiunto, dopo ore di pioggia incessante, 310 metri sul livello del mare. Alle 8.00 la quota era a 311,80. Un’ora più tardi 312.45. Alle 10.00 318,08. «Fin dalle 6.20 – si legge nel rapporto – si era provveduto all’apertura delle paratoie a settore della diga Brick-Zerbino alle ore 9 .50 iniziò la manovra per l’apertura della valvola a campana, capace di far defluire 160 metri cubi al minuto secondo di acqua. Alle ore 10.10, il Deguz telefonò alla centrale idroelettrica di Molare dicendo di avvertire a valle perché si prevedeva una grande piena».
Il dramma di Deguz
Mezz’ora più tardi, alle 10.45, essendo il livello del lago giunto alla quota 322, si innescarono i 12 sifoni di scarico della diga che cominciarono a funzionare regolarmente. «Alle 10.25 – fa presente Tritiletti nella sua relazione – la valvola a campana cessò di funzionare, per cause non potute precisare». Il sottocapo della stazione elettrice di Molare, Giuseppe Volonnino, ordinò di ripetere la manovra di messa in funzione. Deguz eseguì con la collaborazione degli operai Mattia Pesce e Matteo Barigione. Lo stesso Deguz ordinò a quest’ultimo di portarsi sulla diga della Sella Zerbino per comunicargli le novità che si verificassero sull’invaso secondario. Alle 12.30 l’acqua del lago cominciò a tracimare sulla diga della Sella Zerbino. Il pianterreno dell’abitazione di Deguz, situata quasi allo stesso livello delle due dighe, cominciava ad essere invaso dall’acqua del lago. Tritiletti racconta quanto accadde dopo. «Ricevuto l’ordine dal Volonnino di mettere in salvo la sua famiglia – si legge nel rapporto – e di trasportare il telefono al piano di sopra, Deguz portò i suoi due figli, rispettivamente di 14 e 11 anni, nella conigliera sita sulle pendici del monte poco più in alto dell’abitazione. La moglie non volle abbandonare il marito e si portò al primo piano della casa. Intanto l’acqua si sollevava rapidamente nel pianterreno fino quasi a raggiungere le spalle di Deguz. Quest’ultimo, strappati i fili dell’apparecchio telefonico, lo trasportò al piano superiore facendo un attacco di fortuna. Indi riprese a telefonare comunicando alla centrale di Molare il pericolo».
Pericolo imminente
Le telefonate disperate non ebbero risposta. Alle 13.15 Giuseppe Volonnino inviò l’operaio Giacomo Bruno a Molare ad avvertire il Podestà di quanto stava accadendo per avvertire la popolazione del rischio. Volonnino nel frattempo cercò ancora, invano, di mettersi in contato con Deguz. In quel momento capì quanto grave fosse la situazione.
Attorno alle 13.00 il livello del lago di compenso aveva raggiunto la quota di 209 metri sul livello del mare. Ancora dal rapporto. «Alle 13.00 e minuti Deguz cerca di comunicare a Volonnino per riferirgli che la diga della Sella Zerbino sta crollando. La centrale di Molare non risponde. Tra le 13.15 e le 13.30 Volonnino cerca ancora invano di contattare Deguz per avere notizie ma non riceve nessuna risposta».
L’interrogativo
È troppo tardi. Soprattutto per mettere in salvo le popolazioni sulla riva del torrente e della parte bassa del Borgo di Ovada. «La massa d’acqua, precipitata dalla diga della Sella Zerbino, verso le ore 13.30, giunge a Molare e alla regione Ghiaia di Ovada, alle ore 13.55 e al Borgo di Ovada alle ore 14.05. La segnalazione che Volonnino e Scaiola (operaio ndr) hanno dichiarato di aver fatto verso le 10.40 è evidente che fu fatta solo alle ore 13.00, e cioè quando fu loro noto che l’acqua del lago tracimava dalle dighe. La dichiarazione resa dal Matteo Grillo (capo operaio elettricista presso la centrale “Molino dei Frati” accanto al ponte della Veneta a Ovada ndr) è troppo esplicita e convincente per poter dubitare della sua veridicità».
E ancora «Se Scaiola e Volonnino avessero comunicato, già dalle 10.40 a Grillo di avvisare le autorità di Ovada ed il Genio Civile, non si spiega come alle ore 11. 30 lo stesso Volonnino comunicasse a Quintavalle (guardiano del ponte diga di compensazione ndr) che non vi era pericolo e consigliasse solo di far allontanare la sua famiglia».
Tritiletti peraltro, al termine dei suo rapporto testimonia del comportamento del personale della centrale di Molare che fece fino all’ultimo il suo dovere, abbandonando il posto di servizio quando l’acqua stava per invaderla. «In ciò anche Volonnino si è ben comportato abbandonando per ultimo la sala delle macchine». Rimane l’interrogativo sul ritardato allarme. «Ignoranza, preoccupazione di non compromettere la società O.E.G. con un allarme che poteva essere falso, minor senso di decisione?».