«Ho sbagliato e pagato: chiedo solo di poter lavorare»
Claudio ha trascorso in carcere quasi la metà dei suoi 46 anni. Ha aperto una ditta, ma adesso gli impongono la chiusura. «Addio seconda vita»
Ha trascorso in carcere quasi metà della sua vita. Ora che vorrebbe riavvolgere il nastro e cambiare la sua esistenza col lavoro («quello su cui è fondata la nostra Costituzione»), gli viene impedito.
La fedina penale ha macchie indelebili. Puoi essere stato dentro 20 anni e 7 mesi, avere conosciuto le celle di Torino, Aosta, Milano, Sanremo, Chiavari, Velletri, Ivrea, Vercelli…, avere dato un calcio al passato burrascoso e scontato quasi tutte le pene («c’è un residuo minimo, davvero poca roba») ma, se i tuoi crimini c’entrano con l’associazione mafiosa, pare non ci sia scampo.
Lo sta sperimentando sulla propria pelle Claudio Andrea Delli Quadri, 44 anni. Lo conferma Fabio Scaltritti della comunità di San Benedetto al Porto, che gestisce la Casa di quartiere di Alessandria e che è a conoscenza delle problematiche incontrati da ex detenuti che vogliono reinserirsi. «Se ti sei limitato a pochi mesi di carcerazione – spiega Scaltritti – probabilmente riesci a farcela, perché a casa qualcuno che ti aspetta c’è. Ma se si parla di anni, tutto diventa più complicato. Lo vediamo quotidianamente con italiani e stranieri, senza differenza alcuna. Trovare stabilità e occupazione è un’impresa. Non solo: se hai avuto a che fare con cosche mafiose, purtroppo hai il destino segnato. La legge ti consente sì di lavorare, ma non in proprio».
«Eppure sono in regola»
Ad esempio, non puoi avviare una ditta, come invece ha fatto Delli Quadri. «Sono in regola, la mia è una Sas semplificata, emetto fatture e lo posso dimostrare. Mi sono anche iscritto alla Camera di commercio, lo stesso ente che, ora, mi invia una lettera per spiegarmi che non posso avere l’impresa intestata a me. Eppure hanno preso i miei soldi dell’iscrizione. Non potevano comunicarmelo prima? Mi rinfacciano pendenze relative al 2017, che io non ho mai visto. Anche perché in quel periodo ero in carcere…».
Amico, moglie, divorzio
Da via Vochieri, il presidente dell’ente camerale, Gian Paolo Coscia, pur non addentrandosi nel caso specifico, sottolinea come «le norme, negli ultimi tempi, sono diventate molto stringenti», e che la Camera di commercio, sulla materia in questione, dipende dalla Prefettura.
È chiaro che la legge non viene disattesa. È altrettanto evidente che Delli Quadri, come racconta egli stesso, ne ha fatte di ogni nella sua «prima vita», quella iniziata a Torino con un concessionario d’auto, proseguita con amicizie losche, traffici vari, condanne significative e carcerazione. È però altresì palese che una «seconda possibilità» talvolta è solo un sogno.
Concluse le detenzioni, Delli Quadri («anche per stare lontano da certi ambienti») è arrivato nella nostra provincia, ospite di un amico a Ovada, poi ad Alessandria, prima in piazza Bini quindi in via Maria Bensi. S’è anche sposato e separato. Dal punto di vista sentimentale non tutto è andato liscio, anzi. Ma è un’altra storia.
Traslochi e non solo
Adesso vive da solo, «però con cinque cani», a Cassinelle, nell’Acquese. È titolare della Monigi Group Srl Semplificata, dita che si occupa di traslochi, gestione di campi sportivi, lavoretti vari («anche per l’Asl)».
Stando a quanto richiesto dalla Camera di commercio, entro pochi giorni deve lasciare la ditta. Ha pensato di cederla a uno dei due dipendenti, cioè il cugino (l’altro è l’ex moglie) ma, al di là del fatto che anch’egli «qualche pendenza ce l’ha», quel che Delli Quadri evidenzia è la mancata possibilità di cancellare il passato, malgrado la lunga detenzione. E un pentimento che gli fa dire: «Ho cercato guadagni facili. Ma, tornassi indietro, quel che ho fatto non lo rifarei di certo».