Il cuore oltre la… Luna
Julia “Butterfly” Hill e l’impresa del salvataggio di Luna, millenaria sequoia della California
Negli Stati Uniti, le battaglie per proteggere le sequoie della costa occidentale risalgono ai primi anni del secolo scorso, quando quattro donne di Eureka, in California, diedero vita ad un movimento chiamato Save-the-Redwoods League. Scrissero lettere ai politici e portarono la protesta sulle strade. Senza gli attivisti passati e presenti, la maggior parte delle foreste della California sarebbe caduta tanto tempo fa.
Proprio in California, si è sviluppata una delle imprese più estenuanti della storia dell’attivismo ambientale. Julia “Butterfly” Hill, è riuscita ad impedire che Luna, una millenaria sequoia della foresta di Headwaters, fosse abbattuta dalla compagnia Pacific Lumber.
Stiamo parlando del 1997, sono passati quasi 25 anni. Dunque, cosa avrà fatto di tanto speciale Julia, per arrivare a conquistare questa importantissima vittoria dal significato enorme e perpetuo?
Per chi non la conoscesse già, la nostra Julia è salita su Luna all’età di 23 anni ed ha trascorso su di una piattaforma a 54 metri di altezza un periodo di ben 738 giorni. Traduzione: più di 2 anni a lottare con il cuore, la mente, il fisico e quant’altro, per raggiungere l’obiettivo. Questo è essenzialmente il motivo per cui questo post è dedicato a lei. Storie come questa non si possono ignorare.
Lascia che ti racconti per sommi capi, i momenti chiave della vicenda.
Come spesso accade, non ci fu nulla di pianificato. Julia si era messa a disposizione volontariamente del gruppo di attivisti Earth First! (pur non appartenendo al gruppo!) nell’occupare Luna per un breve periodo di tempo, alternandosi con altri ragazzi che già avevano avviato l’azione.
L’occupazione di un albero costituisce l’ultima speranza di protezione. Tutti hanno fallito nei tentativi precedenti, dai cittadini, alle imprese, al governo. Anche le udienze in tribunale non hanno avuto esito positivo.
Il messaggio che comunica chi sale su di un albero è:
Non ho altro modo per fermare quello che sta succedendo. Non ho altro sistema per rendere la gente consapevole di cosa c’è in gioco
Julia, essendo alla prima esperienza in questo tipo di situazione, dovette imparare in pochi minuti i concetti base di arrampicata, utilizzando con sorpresa una imbragatura fatta con il nastro isolante, per raggiungere la piattaforma costruita in precedenza situata a 54 metri di altezza! Era il 10 dicembre 1997. Per darti un’idea delle dimensioni estremamente ridotte di questa struttura, considera che una parte misura 1.80 metri x 2.50 metri, mentre la seconda parte, sul lato opposto del ramo principale, misura 1.20 metri x 2.40 metri!
La piattaforma più piccola era adibita a “deposito” per cibo, acqua, rifornimenti, corde e cerate.
Il primo periodo, in cui Julia stava cercando di adattarsi a questa situazione del tutto nuova, fu molto difficile per lei, anche per via di una campagna intimidatoria che iniziarono i taglialegna che nel frattempo stavano continuando a diboscare nei pressi di Luna.
L’assalto durò per ben dodici giorni. Lo sforzo era mirato a spaventare Julia e un altro attivista in quel momento sulla piattaforma, per indurli a scendere. Dopo una prima reazione impulsiva che la invitava all’aggressione come un animale ferito o spaventato, Julia capì attraverso la preghiera che quello che in realtà provava era l’amore per la Terra e per il Creato. Per citare le sue parole, che più di tutto riescono a rendere l’idea: “Ogni giorno, come specie, facciamo di tutto per distruggere la capacità della Creazione di darci in qualsiasi caso Vita, ma la Creazione continua a fare ciò che è in suo potere per offrircela comunque. E questo è il vero amore”.
Il 21 gennaio 1998, ci fu addirittura un tentativo di far desistere Julia da parte di un enorme elicottero Columbia, delle dimensioni simili a quelli che utilizzano i militari per il trasporto di jeep e carri armati, che volò a mezz’aria a pochi metri da lei, trasgredendo ogni regola dell’aviazione e della comune decenza. Per fortuna lei riuscì a filmare la vicenda, restando avvinghiata con le gambe al tronco di Luna.
Grazie al filmato realizzato, e dopo averlo inviato all’Amministrazione dell’aviazione federale, per fortuna non ci furono più tentativi di questo genere!
La mossa successiva da parte della Pacific Lumber, fu allora di tentare il blocco dei rifornimenti di cibo a Julia per mezzo di una squadra di guardie appostata ai piedi della sequoia. Questa squadra operava anche azioni di disturbo durante le notti tramite trombe, insulti e luci accecanti.
Julia seppe resistere, grazie anche al supporto di tanti attivisti che, eludendo le guardie, riuscirono comunque a farle arrivare i rifornimenti! Ennesima dimostrazione che “l’unione fa la forza”!
Una volta che anche le guardie abbandonarono la postazione, Julia ebbe a che fare un inverno estremamente rigido e con una tempesta che è entrata nella storia. Le dita dei piedi si congelarono, si ruppe il mignolo del piede destro, ma comunque non si arrese e restò su Luna: “Se le azioni non coincidono con le parole, il nostro valore come persone è sminuito. Questo è il modo in cui sono stata educata”.
Con il passare del tempo, Julia si rese conto che molti media stavano iniziando a parlare di lei ed era diventata un personaggio pubblico. Stava diventando di ispirazione per un sacco di gente, e dopo novanta giorni di occupazione superò quello che allora era il record mondiale di permanenza!
La stampa comunque, non si stava rendendo conto della portata globale dell’impresa. Scrivevano i giornali che era “solo” una “prova di resistenza ad oltranza” e che Luna non era una “pianta particolare” perché non deteneva alcun record di dimensioni.
Julia in realtà stava mostrando alla gente cosa s’era in gioco in realtà: una volta distrutte, le foreste millenarie non tornano più. Non si trattava di un riflettore su di lei, ma un faro su qualcosa che stava per svanire per sempre.
Partecipò a moltissime interviste radiofoniche, e intervenne in diretta in discussioni con esponenti accreditati della Pacific Lumber che, iniziando ad avere gli occhi addosso da parte degli USA e non solo, iniziò a trattare le condizioni con Julia per la sua discesa pacifica.
Questa trattativa fu estenuante, e si arenò più di una volta. Aveva a che fare con un colosso, che come ogni multinazionale ha una struttura piramidale, al vertice della quale ci sono gli amministratori delegati. Per citare le parole di Julia: “Queste persone costituiscono una frazione minima della popolazione del pianeta (…) tuttavia il loro guadagno è pari a quello della metà degli abitanti del mondo. Traggono profitto sfruttando i lavoratori e la salute della Terra. Le forze che stanno distruggendo l’ambiente, distruggono anche i posti di lavoro e le comunità”.
Julia dovette superare le difficoltà di un secondo inverno, ma questa volta essendo diventata famosa, poté usufruire di un kit di abbigliamento e di accessori di calibro superiore all’inverno precedente e questo le rese diciamo così, la vita più facile!
Finalmente, si arrivò ad un accordo. Non del tutto soddisfacente per Julia, ma sapeva benissimo che come in ogni trattativa, qualcosa bisogna concedere. Avrebbero potuto prendere ciò che era stato tagliato intorno alla sequoia e Julia dovette promettere di non salire mai più sugli alberi della Pacific Lumber, ma in cambio ci sarebbe stata la salvezza per Luna e una zona cuscinetto perenne di 60 metri intorno ad essa.
L’accordo ufficiale su steso e registrato il 18 dicembre 1999. Alcuni giorni dopo, prima della discesa, Julia scrisse “Mi sento come se dovessi separarmi da una parte di me, un pezzo di me stessa, l’essenza del mio essere. (…) Farò del mio meglio per vivere il resto della mia vita in onore suo e di questa esperienza, offrendo me stessa come il solo dono che posso dare”.
Questa vicenda ci ricorderà per sempre che sì, una persona può fare la differenza. Ciascuno di noi la fa.
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Bibliografia: “La ragazza sull’albero” – Terra Nuova Edizioni 2017
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