Ramstein e Ustica legate da un dossier: ancora in cerca della verità
In Germania morì anche il pilota alessandrino Giorgio Alessio
ALESSANDRIA – Nonostante siano passati quarantun anni dalla strage di Ustica, e trentatré dall’incidente delle Frecce Tricolori a Ramstein, in Germania, in cui morì anche il pilota alessandrino Giorgio Alessio, questi due drammi in qualche modo intrecciati non sono ancora chiusi. Perché si indaga ancora.
Su Ustica la Procura di Roma aveva aperto un’inchiesta dopo le dichiarazioni dell’ex presidente del Consiglio Francesco Cossiga nel 2007, e sul tavolo dei procuratori Maria Monteleone ed Erminio Amelio, c’è anche il corposo Dossier Ramstein, che raccoglie una serie di studi e accertamenti privati che provano, secondo l’avvocato Daniele Osnato di Caltanissetta, che rappresenta decine e decine di famigliari delle vittime di Ustica, come l’incidente delle Frecce Tricolori non fu provocato dall’errore del solista (Ivo Nutarelli), ma da qualcosa che non funzionò sul suo aereo.
I tracciati radar
Le indagini della Procura sono coperte dal segreto istruttorio, e poco si sa sul lavoro dei magistrati che potrebbero essere in attesa di qualche nuovo input per integrare gli atti dopo le richieste di informazioni ai Paesi amici, ad esempio la Francia.
Nell’attesa di sviluppi, l’avvocato Osnato si augura che sia stata fatta un’attività di ricostruzione del contesto radaristico, magari con le nuove tecnologie. «Negli anni ‘80 e ‘90 i software di elaborazione dei tracciati radar avevano dei limiti, adesso ritengo che l’inchiesta possa essere integrata – interviene il legale – con un’attività peritale più raffinata in considerazione dell’evoluzione dell’informatica».
Uno scenario di pericolo
Perché Ustica e Ramstein sono legate da quel dossier? Insieme a Giorgio Alessio (foto sopra) morirono il tenente colonnello Ivo Nutarelli e il pari grado Mario Naldini: la sera del 27 giugno 1980 i due piloti decollarono dalla base di Grosseto e affiancarono il DC9 su un F104, lanciarono due segnali di allarme generale alla Difesa aerea ritenendo quindi che lo scenario che si stava configurando potesse rappresentare un pericolo concreto per la sicurezza nazionale. Nutarelli e Naldini erano stati convocati (dopo l’esibizione a Ramstein) per essere sentiti proprio sulla tragedia del DC9.
Indagine difensiva
«Ho lavorato io su quel Dossier – spiega Osnato – insieme ad alcuni periti che si sono votati a un anno di lavoro sabbatico gratuito».
L’inchiesta sull’incidente delle Frecce Tricolori fu un’indagine frettolosa, sostiene, «niente autopsia sui cadaveri, nessun accertamento tecnico su un eventuale guasto degli aerei, anzi fu disposta l’immediata macerazione di quei frammenti e la sepoltura dei piloti. In estrema sintesi, l’Aeronautica militare disse che il solista delle Frecce Tricolori, Ivo Nutareli, il miglior pilota del mondo, siccome aveva fatto un loop (acrobazia a forma di anello, ndr) dove aveva superato i due G di pressione, evidentemente era svenuto. Quello svenimento, secondo gli esperti, aveva fatto sì che lui non controllasse più l’aereo. Ma non andò così. Il nostro è uno studio molto raffinato perché utilizza sia la relazione dell’Aeronautica che tutti i video girati quel giorno. Percepiamo e vediamo con estrema chiarezza che Ivo Nutarelli in quel frangente di tempo, poco prima dell’impatto, esegue almeno quattro manovre, o quattro tentativi di correzione sia della rotta che della velocità. Addirittura frena, capisce di essere troppo veloce e tira giù il carrello. Non sono manovre che fa una persona svenuta, ma chi, consapevolmente, sa che sta per impattare. Era il migliore pilota del mondo, quando si rese conto che non poteva gestire quel volo con i comandi ordinari tentò di frenare e tirò giù il carrello. Una manovra estrema. Nutarelli centrò il suo ex collega Naldini col quale aveva volato otto anni prima nelle immediate vicinanze del DC9 lanciando per tre volte l’allarme generale».
In quell’incidente morì anche il pilota alessandrino Giorgio Alessio.
L’incidente delle “Frecce”
Su Ramstein, l’avvocato Osnato si rifà a una metafora calcistica: il pallone da guardare è la modalità di accadimento dell’incidente. Perché «la causa dell’impatto in volo non fu lo svenimento di Ivo Nutarelli, così come ci hanno fatto pensare e credere per 33 anni».
Due casi legati a doppio filo, dunque, anche da questioni ancora irrisolte. Su Ustica, poi, si naviga in un mare «di depistaggi».
«Non c’è mai stato contrasto tra sentenze civili e penali – insiste Osnato – Il processo penale ha radicalmente escluso l’ipotesi della bomba, di un’esplosione interna. C’era chi sosteneva che l’ordigno fu collocato in un porta fazzolettini, una cover di alluminio recuperata poi assolutamente intonsa. Si ipotizzò che quel piccolissimo ordigno esplose all’interno della toilette. Una deflagrazione che non lasciò alcuna traccia. Su quella cover, infatti, furono eseguite tre perizie (esplosivistica, chimica e metallografica) da cui non emerse alcun segno di esplosione nelle sue vicinanze». Nel tempo l’ipotesi più accreditata recita come il DC9 fu abbattuto da un missile esploso sotto la pancia dell’aereo. Mancano, però, “mandanti” e motivi.
«Serve dignità»
«La questione di Ustica si basa sulla dignità – continua Osnato – i parenti delle vittime non hanno avuto rispetto come cittadini, trattati come di serie B. Hanno subito silenzio e depistaggi. Quella bomba molto piccola ma capace di spaccare un DC9, è un problema di dignità. Serve rispetto per i risultati processuali che abbiamo raggiunto. Tutte le sentenze penali e civili sono univoche: lì c’è stata una guerra, di cui non abbiamo i nomi. Quell’aereo è stato abbattuto. Chi è stato? Perché l’hanno tirato giù? E’ stato un tragico incidente o una deliberata azione militare? Fino a quando queste domande non troveranno risposta non mollerò. L’unica domanda che si fanno i parenti di Ustica è perché hanno ammazzato 81 persone. Cos’è successo quella sera del 27 giugno? La risposta è una: il DC9 è stato abbattuto, con un missile. Hanno fatto un’operazione di intercettamento aereo militare organizzato. Ci sono gli italiani Nutarelli e Naldini che lanciano l’allarme generale, segnalano la presenza di un volo non autorizzato sotto la pancia del DC9, si levano in volo gli aerei militari da Solenzara – in Corsica – (sono i francesi); gli americani decollano da diversi basi italiane, qualche aereo tornerà senza missili, contemporaneamente ci sono voli militari non identificati probabilmente di origine libica. È uno scenario di guerra. Non è una questione di soldi, ripeto, ma di dignità, di verità, di giustizia. I famigliari vogliono sapere perché sono stati uccisi i loro cari. Vogliono sapere cos’è successo. Non tanto chi, ma perché?».
In questo spaccato di storia tutta all’italiana si inserisce, in qualche modo, anche il nome di Giorgio Alessio, perché il 28 agosto 1988, in Germania, l’alessandrino trovò la morte insieme a Ivo Nutarelli e Mario Naldini.