La Bertram è in A1: tutto normale quando nulla è normale
La pandemia, il pubblico ritrovato e il patron Beniamino Gavio seduto tra i tifosi
Il PalaAsti di Torino può ospitare fino a 5mila tifosi: si può solo immaginare come sarebbe stata – cosa sarebbe stata! – questa finale tra Basket Torino e Bertram Tortona se il mondo intero non avesse dovuto fare i conti con una delle catastrofi più travolgenti della storia recente: la pandemia.
Eppure, più dei posti vuoti, questa volta fanno notizia quelli occupati: pochi rispetto a quella che tutti considerano la ‘normalità’, certo, ma restano comunque un segnale rassicurante. Qualche centinaio di seggiolini occupati bastano a certificare che la ripresa c’è, anche nel basket, e che gli appassionati di questo sport non si sono dissolti nei lunghi mesi di lockdown. Le persone applaudono, cantano, sostengo, si esaltano e si deprimano. Tifano, insomma. Così anche la pallacanestro torna ad avere un’anima, a far battere i cuori fino all’ultimo maledetto canestro. E non c’è nulla di più bello. Nulla di più bello in questa notte torinese.
Al PalaAsti c’è tutta la gente che potrebbe esserci, non una di più. È il modello ibrido imposto dalla pandemia che certo è demoralizzante per molti versi, ma che ha anche dei vantaggi per i fortunati che al Palazzo dello Sport sentono distintamente le richieste dei coach Cavina e Ramondino, le indicazioni di Mascolo a D’Ercole, ma anche il grido rabbioso di Alibegovic dopo aver infilato una tripla ‘da casa sua’.
Dal divano – sarà una banalità, certo – non è la stessa cosa. Dal divano, ad esempio, non si nota che il patron della Bertram, Beniamino Gavio, non è seduto a bordo campo, dove uno se lo aspetterebbe. Se ne sta, invece, appollaiato tra i cinquanta tifosi tortonesi che sono riusciti ad avere un biglietto per questa finalissima.
Tutto sembra tornare come prima, anche se nulla è come prima. A partire dalle lacrime di Marco Ramondino che a fine partita guarda la sua Bertram e comincia a realizzare che sì, è tutto vero: è in A1.